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Da “Anacrusi della Costa Solitaria”

Nathaniel Mackey

 traduzione di Gianluca Rizzo

 

Originale inglese disponibile qui: https://www.poetryfoundation.org/poems/56959/lone-coast-anacrusis

 

 

Anacrusi della Costa Solitaria

 – “mu” cinquantatreesima parte

 

        Una novella Atlantide già nota come Lower

Ninth1 anche da qui ci toccò prender congedo, fino quasi all’altro

 lato della schiena della tartaruga.2 Corpi interi

        vedemmo galleggiare, non soltanto teste…

        Un lasciarsi alle spalle continuo, un continuo guardare

                                                                    al-

        trove, un continuo andare a finire

   altrimenti… Boschi tutt’intorno dove

        ci ritrovammo subito dopo. Non avevamo mangiato

        altro che vento, non avevamo bevuto altro che

                                                       vento,

        girava voce che qualcuno avesse guardato Dio

      negli occhi… In quello che sembrava un sogno ma che

        sapevamo non lo era vedemmo la terra franare.

           Eravamo tornati e tutte le case

         erano sparite. Quelle che per noi erano state rocce

                                                              ci

     chiedevamo, ridotte a polvere di Bandiagara,3

                                                      che

   dirupo in frana avevamo visto… Ghiande

      macinate adesso ci macinavano i denti. O quasi

    tutto una gengiva, eravamo a casa del

         Solitario, arrivammo a una radura piena di luce

                                                             tanto

      intensa da farci inciampare, il Nocciolo era che sapevamo

           di esserci ancora nel mezzo… La montagna della

         notte un cumulo di nulla, il ronzio di

         Toulali4      

    l’unico balsamo rimasto. Il ronzio di Toulali l’unico

        balsamo, per quanto lontano, vite intere oramai

  alle nostre spalle… Voce laringitica, persa

e poi di nuovo persa, vortici di sabbia l’avevano

                                                     consumata…

        Qualcuno disse che qualcosa era tornata alla

   mente. Qualcuno aveva cantato qualcosa, quali

      parole esattamente non lo sapeva nessuno. La

                                                         cantò

          dolceamara, più brusca che amara,

                                               rimosso

      il corredo di panno della canzone… Sforzo corale,

        l’intavolatura scivolata più volte. Offerta…

                                                        Offerta

          nuovamente all’infinito… Impossibile dir quando ma

          determinata a dire, impossibile dir cosa. Magari

                                                           ce ne

        potessimo tornare

     a casa

 

                ·

 

     Rifugiati era una parola che avevamo sentito,

parlata rude di anima insistente, irremovibile,

        la noncanzone che cantavamo o la canzone

         che noncantavamo, una parola che avevamo sentito

                                                                 sentimmo

      che si riferiva a noi… Piangemmo nel sonno, di nuovo

una cosa sola con quello che non sarebbe mai più stato

        lì, una parlata rude rovistava nel nostro libro,

                                                          il

                     dorso delle nostre mani scritto fitto con la farina

  di mais, quelli che aspettavamo erano ancora

                                                   riluttanti…

           La città di periferie da bambini tristi dove ci

   trovavamo, malgrado i boschi, boschi

        ciò nonostante, luce intensa la luce che  

                                               vedemmo

          mentre venivamo scossi, parlata rude che virava

                                                               fuori corso…

        Eravamo lì e da qualche altra parte non

          importa dove eravamo, dovunque più

        di dove eravamo… A casa del

   Solitario indossavamo ninnoli fatti di conchiglie d’abalone,

      ammessa la chiarezza della luce, la notte che ancora non mollava,

                                                                            Toulali

        covava sotto le ceneri, mezzocantava, mezzoparlava, lottava

       con la lingua sembrava quasi… Arrancavamo sul posto,

            sollevando a malapena i piedi, controtempo che santificava

         ogni passo che muovevamo,        ci spingeva anche se

                                                                  rimanevamo

        fermi. Eravamo dove eravamo, da qualche altra

            parte non importa dove, evacuati una parola che avevamo

                                                                         sentito…

    Una finta, un trascinare i piedi sul posto, come una danza, la voce bassa

        di Toulali ci adescava, con noi si trastullava, il terreno ci era sparito

                                                                                 da

  sotto i

piedi

 

[…]

 

 

 

 

 

NOTE

1 Il Lower Ninth Ward è un quartiere di New Orleans. La qualifica di “basso” o “inferiore” (“Lower”) è dovuta alla posizione più a valle rispetto al resto della città, più vicino alla foce del Mississippi, e dunque più “giù”. Quando l’uragano Katrina investì la città, nel 2005, gli allagamenti più gravi investirono proprio questo quartiere.

 

2 Nella cosmologia irochese, il continente del Nord America poggia sul guscio di un’enorme tartaruga marina. E quindi qui vale a dire in un luogo lontano da quello in cui si trovavano, seppure ancora in Nord America.

 

3 Cittadina del Mali, nella regione di Mopti. Storicamente è stata uno dei centri principali della cultura Dogon, e poi capitale dell’impero Toucouleur.

 

4 Con ogni probabilità si tratta di Houcine Toulali, musicista marocchino, noto compositore di Malhun.