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NOTERELLE BIBLIOGRAFICHE

di Marco Menato

 

 

  1. LA BIBLIOTECA ARBASINO

ABSTRACT

Breve storia della biblioteca privata dello scrittore Alberto Arbasino

Brief history of the private library of the writer Alberto Arbasino

 

KEYWORDS

Arbasino Alberto – Biblioteca privata

Arbasino Alberto – Private library

 

E’ ormai pacifico, dal punto di vista giuridico e bibliografico, che le biblioteche e gli archivi privati, di scrittori (specie se rappresentano al massimo livello la letteratura italiana) o di collezionisti, debbano essere tutelati e salvati nella loro integrità. Se ciò, per vari motivi non avviene, la dispersione è per assurdo l’ultima garanzia che tali raccolte possano, nonostante tutto, riemergere tra i flutti del mare di carta che ci avvolge.

Non è proprio questo il caso dello scrittore Alberto Arbasino (Voghera, 22 gennaio 1930 – Roma, 22 marzo 2020), ma ci sono alcuni punti del racconto che spingono invece verso l’ipotesi della dispersione, per fortuna solo parziale, voluta, cercata e pure autorizzata. Come è noto, alla morte la sua grande biblioteca, divisa fra gli appartamenti di Milano e di Roma, fu assegnata per suo volere alla biblioteca civica Ricottiana della sua città natale, Voghera (la sezione residente a Milano) e al Gabinetto Vieusseux la biblioteca-archivio[1] contenuta nella casa romana, sita nel quartiere Prati. Il volere testamentario era quindi ben chiaro: nulla doveva essere lasciato al caso. Invece, una parete di libri della casa romana sfuggì alla consegna: dimenticanza o sottovalutazione? Non lo sappiamo. La realtà è che un piccolo trasportatore offrì (settembre 2021) una quarantina di scatole di libri usati ma in ottimo stato di conservazione alla Libreria Lithos di Roma. Il prezzo concordato era davvero buono, i libri interessanti e quindi l’affare si concluse subito. La sorpresa capitò qualche settimana dopo, quando cominciai a frugare nelle scatole e mi accorsi che alcuni libri avevano dediche ad Arbasino, dentro qualcun altro c’erano buste con l’indirizzo di Arbasino, erano presenti in copia multipla alcune edizioni di Arbasino: insomma era chiaro da dove quei libri provenivano. La sorpresa aumentò quando saltarano fuori cinque grossi volumi rilegati (1.772 carte compl., il vol. II è doppio), stampati da file di computer con il testo (ultimo?) di Fratelli d’Italia, qua e là aggiunte a penna con scrittura tremolante. Il grande romanzo, uscito in prima edizione nel 1963 da Feltrinelli, ha accompagnato Arbasino lungo tutta la sua lunga vita, tanto che l’ultima edizione è del 2020 nella collana economica ‘Gli Adelphi, n. 171’. Si può supporre che il file originale sia stato inviato a Adelphi, insieme a una copia rilegata dello stampato da computer (visto che sono pervenute due copie del secondo volume) e che lo scrittore abbia tenuto con sé oltre che il file, un’altra copia dello stampato (ma dove sarà finito l’archivio elettronico di Arbasino)? Supposizioni che vanno verificate presso Adelphi, ma non è facile, una casa editrice non è un archivio e nemmeno una biblioteca o un centro di ricerca, ma una impresa con i suoi tempi e doveri.  

Questa la radiografia del fondo: 198 volumi con dedica (generalmente degli anni Duemila, con poche eccezioni), dal romanzo alla poesia al saggio alla rivista scientifica; altri 659 volumi di argomento artistico o musicale prevalentemente editi negli anni Novanta e Duemila[2], fra i quali si segnala una consistente sezione dedicata ai programmi di sala di concerti tenuti nei maggiori teatri italiani ed europei, dalla Scala al Maggio musicale fiorentino alla Accademia nazionale di santa Cecilia, al Covent Garden, all’Opera National di Parigi, per finire a Zurigo e a Salisburgo (pubblicazioni di non facile reperimento nelle biblioteche pubbliche, come del resto risulta, anche per altri titoli della Biblioteca Arbasino, dal catalogo del Servizio bibliotecario nazionale) e infine 52 titoli di periodici italiani e stranieri (per un totale di oltre 500 numeri) tutti di ambito letterario, di critica o di letteratura militante. E’ stato compilato un inventario breve delle due sezioni[3], mentre invece non è ancora noto quanto donato alla Ricottiana e al Vieusseux. L’impressione è che si tratti di materiale (con eccezione di molte testate periodiche che risalgono anche agli anni Cinquanta e che per questo motivo potrebberro rappresentare quasi il totale dei periodici conservati da Arbasino nell’appartamento romano) giunto nell’ultimo periodo della vita, ma che non sia molto differente da quello precedentemente pervenuto almeno dal punto di vista della materia: non si comprende perchè non sia stato rivendicato dal Gabinetto Vieusseux, che allo stato attuale possiede la maggiore documentazione archivistica e bibliografica su Arbasino. Un migliaio di documenti librari (senza contare l’estrema importanza dello stampato di Fratelli d’Italia!) avrebbero potuto integrare quanto già posseduto, a partire dalle riviste, e non avrebbero di certo appesantito oltremodo il fondo acquisito. Ma il Gabinetto Vieusseux e la Ricottiana hanno detto chiaramente che non sono propensi ad acquistarlo (certo non può essere un dono, visto che proviene da una libreria che lo ha a sua volta acquistato e salvato). Non racconto in questa sede l’attività delle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche della Lombardia e del Lazio, che dopo accurate indagini durate dal settembre 2021 al marzo 2022 non hanno ritenuto degno di tutela il fondo, evidentemente “destinato allo smaltimento” (come afferma uno degli eredi, citato nella Relazione conclusiva firmata dalla Soprintendenza lombarda a sostegno della tesi della non importanza del fondo). Insomma, si potrebbe benissimo gettarlo nei capaci cassonetti dell’AMA, posti nei pressi della libreria, e nessuno avrebbe nulla da obiettare! L’intervento della Soprintendenza – che, come detto, si è risolto in un nulla di fatto - ha nel frattempo bloccato qualche proposta di vendita a biblioteche pubbliche, creando di riflesso un danno economico alla Libreria.  

A differenza del parere della Soprintendenza, ritengo invece che il fondo e soprattutto lo stampato di Fratelli d’Italia, che andrebbe sottoposto ad attenta analisi filologica, possano rappresentare, almeno fino a quando non saranno sufficientemente conosciuti i patrimoni della Ricottiana e del Vieusseux, un utile e primo strumento di indagine sulla cultura e sulle molteplici passioni di Arbasino. Mi auguro che questa noterella spinga qualche direttore di biblioteca a interessarsi del fondo, senza accampare le solite scuse “sulla mancanza di spazio”.     

 

  1. “LE IMPRONTE DEGLI UCCELLI”: LIBRI D’ARTISTA NELLA BIBLIOTECA PAGLIARANI

 

ABSTRACT

Alcuni appunti sulle Edizioni Le Impronte degli Ucelli e su Vilma Costantini, giornalista, poeta ed editore

Some notes on the Impronte degli Uccelli Editions and on Vilma Costantini, journalist, poet and publisher

 

KEYWORDS

Impronte degli Uccelli (casa editrice) – storia; Costantini Vilma – attività editoriale

Impronte degli Uccelli (casa editrice) – history; Costantini Vilma - publishing activities

 

“Le edizioni Le Impronte degli Uccelli realizzano un sogno antico, quello di portare nella nostra editoria l’esperienza millenaria della cultura scritta orientale, in particolare della Cina, paese con il quale l’Editore ha avuto lunghe frequentazioni. Il nome stesso della casa editrice si rifà ad una leggenda cinese connessa alla nascita della scrittura. Secondo tale leggenda, le impronte lasciate dagli uccelli sulla sabbia avrebbero suggerito la forma grafica dell’ideogramma, una delle scritture più antiche e longeve della soria umana. L’idea di confezionare i volumi secondo la tradizione del libro xilografico cinese, con una cucitura decorativa dall’esterno, si è finalmente concretizzata nel 1998, grazie anche alla collaborazione di scrittori e artisti che hanno dato la loro fiduciosa adesione al progetto. Di fondamentale importanza per la caratteristica esteriore che ha assunto la produzione di questa piccolissima casa editrice è stato l’apporto di artisti come Paolo Ferri, Tomaso Binga, Luca M. Patella, Silvana Leonardi, Rosa Foschi, Gianluca Tedaldi, Domenico Gentile, Claudia Minozzi, Lamberto Pignotti, i quali hanno lasciato le loro impronte sulle copertine, creando opere originali che accompagnano in numero limitato la normale tiratura (dai 200 ai 1000 esemplari). Essenziale è stato all’inizio il contributo di Paolo Ferri, al quale si deve il logo della casa editrice e che con i suoi graffiti, le sue superfici-calco da casuali ritrovamenti ha bene interpretato, o forse addirittura suggerito l’idea editoriale che determina la scelta dei testi, volutamente insoliti – calchi, rifacimenti, opere in un certo senso marginali”.

Ho trascritto la prima parte dell’introduzione al catalogo 1998-2002 [16 c., ill., cm 10.5x14.5], perché davvero in poche semplici e chiare righe Vilma Costantini, l’inventrice delle Edizioni, illustra le caratteristiche dei suoi libri, così particolari e per questo ora ricercati sul mercato del modernariato. L’altra motivazione che mi ha spinto alla trascrizione del testo è l’estrema rarità del catalogo stesso, conservato in un’unica copia nella Biblioteca Universitaria Alessandrina (collocazione: 2018.M.747, inv. 952.194), almeno secondo il catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale: da qui si evince quanto sia fondamentale per lo studio della storia dell’editoria il reperimento e la conservazione dei cataloghi editoriali generali e/o storici (con particolare attenzione a quelli che vengono distribuiti gratuitamente), anche in questo periodo dove tutto sembra disponibile tramite le memorie elettroniche.

Questo mio contributo si inserisce in un percorso di approfondimento sul libro d’artista che ho di recente intrapreso, studiando l’attività artistica di André Beuchat e di Cosimo Budetta, che ricoprono diversamente la figura di costruttori di libri d’artista[4]; il prossimo editore che mi piacerebbe studiare è il siciliano Angelo Scandurra (1948-2021)[5]. A dire il vero questo mio interesse è iniziato con lo studio del libro novecentesco stampato con il torchio a mano (e in particolare la felice esperienza del veronese Franco Riva), che per un certo verso può essere considerato dentro la categoria, assai multiforme, del libro d’artista. Rimando al saggio su Budetta per una esposizione completa dei vari significati della qualifica “libro d’artista” e al sito https://www.verbapicta.it dell’Università di Firenze che censisce, penso per la prima volta, in modo abbastanza ampio gli editori di libri d’artista attivi in Italia (non è presente però Vilma Costantini e nemmeno la sua casa editrice, a conferma ancora una volta di quanto sia difficile muoversi in questo campo di ricerca, dove gli attori mutano continuamente e soprattuto la documentazione primaria non è ben chiaro chi debba conservarla). Proprio su quest’ultimo aspetto, cioè sulle sedi di conservazione, qualcosa negli ultimi anni è cambiato, con le molte attività svolte a favore del libro d’artista nelle biblioteche Alessandrina e Vallicelliana da Maria Concetta Petrollo, che ne è stata per lunghi anni appassionata direttrice. Giunta la pensione, Cetta Petrollo ha fondato nel 2017 la Biblioteca Pagliarani (in via Marcantonio Bragadin a Roma, in un locale che aveva prima ospitato una libreria dell’usato) a partire dalla collezione personale di libri e carte del marito, Elio Pagliarani: oltre che poeta, è stato un intelligente bibliofilo. La Biblioteca Pagliarani in questi anni ha acquisito libri d’artista, costituendo così una sezione apposita che nel panorama abbastanza omogeneo e passivo di molte biblioteche pubbliche, è diventato un centro vivo per la ricerca, anche per la presenza della redazione della rivista elettronica “Rossocorpolingua”, il cui primo numero è del 2018 (una biblioteca che non senta l’esigenza di comunicare tramite una rivista, una collana di studi, cataloghi di fondi, bibliografie, ecc., è solo un ammasso di libri e di lettori distratti, per non parlare dei dipendenti!).

Chiusa questa necessaria digressione di politica bibliotecaria, torno alle Impronte degli Uccelli e alla loro fondatrice, Vilma Costantini (Firenze, 1° giugno 1939 – Roma, 27 giugno 2021)[6]. Dopo la laurea in lingue orientali e slave all’Università di Roma, lavora come bibliotecaria, dal 1965 al 1973, nella Biblioteca nazionale centrale di Roma (nel 1978 pubblicò nella rivista “Cina”, n. 14, il catalogo dei periodici cinesi nelle biblioteche italiane, un lavoro pionieristico, che prendeva le mosse proprio dalla raccolta cino-giapponese della Biblioteca nazionale di Roma); lascia il mondo delle biblioteche per dedicarsi interamente al giornalismo nelle redazioni romane di Paese Sera e in seguito di Repubblica, quotidiano del quale fu corrispondente da Pechino dal 1985 al 1992. Dalla sua esperienza in Cina derivò Pechino, biografia di una capitale (Roma, Editori Riuniti, 2008). Tradusse dal polacco, dal russo e specialmente dal cinese opere letterarie per Scheiwiller, Garzanti, Lubrina, Fabbri, Mondadori, e/o, Editori Riuniti e Utet. Feconda scrittrice in prosa e in poesia, nel 1998 fonda la casa editrice Le Impronte degli Uccelli con la quale fino al 2012 publica una sessantina di volumi, suddivisi in collane. Il catalogo edito nel 2002, dal quale ho tratto il testo iniziale, registra 29 edizioni oltre a tre in corso di stampa. Altrettante edizioni sono state reperite nel catalogo del Servizio bibliotecario nazionale e in siti del commercio librario, non essendo a disposizione un secondo catalogo generale. Si nota comunque una cesura netta fra le edizioni in catalogo, cioè fino al 2002, e le successive, nelle quali prevalgono molti autori (e poeti) della cosiddetta Scuola Romana, mentre nella prima parte c’è anche una notevole attenzione alla saggistica (per es. Pedullà, Matvejevic, D’Annunzio, Giambattista Marino, le Strenne dell’Alessandrina). Le tirature sono piuttosto elevate, se si vuole rimanere dentro la tipologia del libro d’artista (che a stento supera le cento copie); in realtà – secondo me - Vilma Costantini ha in animo di costruire una piccola e raffinata casa editrice, per le scelte culturali e per l’originale aspetto grafico, una sorta di Scheiwiller[7] romano, che però per motivi probabilmente finanziari non riuscì a prendere sufficiente quota e a imporsi sul mercato editoriale. Da segnalare un paio di pubblicazioni (2003-2004) realizzate dagli alunni della scuola elementare ‘Ettore Marchiafava’ di Maccarese, sotto la direzione delle maestre Maria Patrizia Primucci e Maria Pia Cedrini: un esperimento didattico che ha illustri precedenti, purtroppo mai durati a lungo[8].

 

 

[1] Documentazione archivistica dal 1954 al 1988, per un totale di 18 scatole, è conservata nel Centro Manoscritti dell’Università di Pavia.

[2] Il più datato sono le Lezioni di diritto internazionale privato. Parte generale di Roberto Ago, Milano, Giuffrè, 1955, materia nella quale Arbasino sperava di accedere alla carriera universitaria.

[3] L’inventario sarà pubblicato negli atti del convegno sulle dediche, organizzato dalla Biblioteca Pagliarani il 25 novembre 2022.

[4] Il saggio su Beuchat è stato pubblicato sul bimestrale “Charta” (n. 172/2021, p. 60-65), mentre quello su Budetta uscirà su “Rara Volumina. Rivista di studi sull’editoria di pregio e il libro illustrato”, fondata e diretta da Marco Paoli, edita a Lucca da Maria Pacini Fazzi.

[5] Cfr la pagina a lui intestata su Wikipedia.

[6] Vedi il ricordo di Marcello Carlino, Francesco Muzzioli e Mario Quattrucci, Per Vilma, www.malacoda.it, VIII, 2022, n. 3 e la sezione “News” del 27.6.2021, L’impronta di Vilma, di Cetta Petrollo nel sito della rivista “Rossocorpolingua”.

[7] Da Scheiwiller pubblicò nel 1989 il poemetto Il corpo estraneo, la sua prima prova poetica.

[8] Pasquale Di Palmo, Incisori in classe. Sinisgalli, Faè e l’esperienza di ‘Piccole Dolomiti’, “Charta”, gennaio-febbraio 2020, n. 167, p. 32-37.