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Valentino Zeichen

di Anna Lapenna Malerba

 

Non saprei nemmeno dire quando ho conosciuto Valentino - mi sembra di poter dire da sempre – certamente fa parte delle frequentazioni della mia primissima giovinezza. Era amico di Arrigo Montanari e in quella casa – in quella ospitale e allargata famiglia – spesso lo incontravo, in via di Vigna Filonardi, quando con la sorella di Arrigo studiavo, con Alberta. Era Alberta ed è ancora la mia migliore amica – una sorella anzi - con gli affetti forti fra noi, e delle sorelle propri, gli alterni umori. Bambine ci incontrammo sui banchi di scuola e poi, in quegli ultimi anni cinquanta, ci siamo trovate compagne di studi all’Università e dopo eccoci ancora ad aver sposato i due storici amici - Angelo Guglielmi e Luigi Malerba. 

Abitava Valentino e ha sempre abitato in una baracca abusiva nel Borghetto Flaminio, vicino ai Campi dei Bocciofili - dove ora il mercato mensile ha luogo - di antiquariato.

Una baracca abusiva che aveva ereditato - o forse comprato addirittura – dall’ufficiale inglese venuto in Italia con le truppe alleate nel 1945,  che lui stesso aveva costruita e dove aveva abitato - fino al suo ritorno in patria alla fine della guerra.

Lì Valentino abitava, lì ha sempre abitato.

Era nato a Fiume in Istria – ed era profugo - e profugo restò Valentino per tutta la vita.

E quella sistemazione precaria o meglio stabilmente provvisoria - aveva difeso con tutte le forze - anche agli amici eccezionalmente rivolgendosi per aiuto, cosa che mai aveva fatto prima nella sua vita, quando ripetutamente lo Stato o il Comune - l’Autorità insomma cercò di portargliela via - la sua Baracca. Per distruggerla naturalmente - e in un certo senso a ragione - perché certo bella non era ohibò, e disturbevole e abusiva - offendeva a loro dire del Borghetto Flaminio l’armonia. 

Ma la Baracca di Valentino era ormai parte poetica del Borghetto Flaminio questo gli amici cercarono - e alla fine riuscirono a far capire all’Autorità. Oppure fu la lentezza della burocrazia del nostro paese a far sì che Valentino facesse in tempo a morire lì - prima di essere trasferito in un anonimo bilocale in qualche quartiere extra moenia della capitale.

Con gli anni aveva apportato delle migliorie – soprattutto per combattere l’umidità che gli era stata causa di fastidiose bronchiti – così che la Baracca stava prendendo l’aspetto quasi quasi di una sconnessa casetta. Aveva una specie di cucina - insomma due fornelli e una bombola per il gas che serviva anche per il riscaldamento. 

Invitava lì qualche volta, ma solo qualche amico antico, per un piatto di pasta o un bicchiere di vino, oppure a fare due chiacchiere se era d’estate, sotto alla tettoia di uva americana che davanti alla porta aveva costruito - fuori sulle due sdraio seduti - nel fresco ombroso del Borghetto. 

Era povero Valentino. 

Faceva all’inizio per sopravvivere il giardiniere – amava le piante le rispettava – finché non divenne col tempo troppo faticoso per lui, per la sua salute. 

Era alto elegante e bello così si offriva volentieri per pranzi e cene e feste

– Puoi dirmelo anche all’ultimo – sono perfetto come 14° a tavola – ho una divisa adeguata e so fare conversazione

Famoso suo argomento era infatti la piuttosto futurista e polemica  ammirazione – da pochissimi in quegli anni e da me a dire il vero nemmeno oggi, che pare sia rivalutata - per nientissimo affatto condivisa - dell’architettura romana degli anni quaranta – soprattutto quella del Lungotevere Flaminio. 

Aveva per queste cene un abito scuro e anche le scarpe metteva – lucide e nere. Sì perché di solito e questo tutti lo sanno, portava sandali – solo sandali - e dovevano essere Birkenstok assolutamente. E per questi - camminava molto e due paia all’anno ne consumava - spendeva un bel po’. Perché erano cari allora e difficili da trovare, non erano ancora né diffusi né di moda. 

Questo l’unico suo lusso - dichiarava. 

Addirittura, in occasione di qualche nostro viaggio in Germania - mi pregava di comprargliene un paio – o due se potessi magari - e mi scriveva con chiarezza le misure che non mi dimenticassi che non sbagliassi – per piacere.

Offriva anche poesie, ma questo solo quando fare il giardiniere divenne troppo faticoso - poesie d’occasione – naturalmente a pagamento. Per matrimoni battesimi promozioni - o anche funerali.

Per un certo periodo ebbe anche una sua personale mecenate - la moglie di un noto industriale milanese, una ricchissima signora borghese che lo ammirava - e forse lo amava anche. Certo prese a proteggerlo e da lui riceveva, a caro prezzo - lezioni di cultura generale e di poesia. Mai ci disse il suo nome né ce la presentò – la chiamava la sua Regina del Tondino di Ferro. 

Era un Poeta Valentino – anzi mi sentirei di dire che lui era la Poesia – e quasi quasi mi stupii quando lessi i suoi versi, non solo quelli d’occasione ma le sue vere poesie - ed erano belle – e furono assaissimo apprezzate e stimate. 

Allora era un Poeta – un Poeta come gli altri e anche bravo bravissimo. Quasi quasi mi sentii delusa – perché io avevo creduto che fosse lui - la Poesia. 

Gentile e dolce e così unico - era molto amato – ma mai mai di legarsi pensò in un rapporto stabile. 

Sfuggevole e fuggitivo il nostro Valentino.

Si innamoravano di lui molte donne molte ragazze – e anche lui qualcuna ne ha sen’altro amata e so - anzi forse ne conobbi una che avrebbe voluto davvero con lui vivere - anche nella baracca. Ma non con un figlio – anzi una figlia - questo di farlo no - non se la sentiva. 

E Valentino era e sarebbe restato sempre profugo fuggitivo irregolare - non poteva lasciare la baracca il suo essere sempre “al di fuori” - nemmeno col sospetto di essere diventato padre. 

Cercò anzi di non saperlo che non glielo dicessero per favore. Non era pronto non poteva – e lei che forse anche per questo suo essere fuggitivo credo - lo aveva amato - lo capì. Ebbe una figlia che però saltò fuori quando era già grande e lui bisognoso di assistenza – e questa assistenza e questo affetto da lei – da questa figlia - lo ebbe e a lei Valentino lo offrì - ma ormai era alla fine della sua vita. 


Valentino Zeichen scrittore e poeta italiano del Novecento