Il Gruppo N e i Novissimi:
poesia esposta e teatro d’avanguardia a Padova
Marta Previti
ABSTRACT
Direttore della ‘sezione informativa di letteratura’ dello Studio Enne di Padova a partire dal 1962, Sirio Luginbühl intreccia uno stretto rapporto di collaborazione con l’editore milanese Vanni Scheiwiller, che lo presenta ai Novissimi e al Gruppo 63.
Su suggerimento dell’amico, tra il 1962 e il 1963 Luginbühl organizza nella piccola galleria del Gruppo N un’esposizione dedicata alla poesia concreta e un’altra rivolta alle sperimentazioni di poesia visiva dei Novissimi. In una prospettiva interdisciplinare e intermediale, il giovane intellettuale decide inoltre, nel giugno 1965, di mettere in scena a Padova lo spettacolo Pelle d’asino. Grottesco per musica di Elio Pagliarani e Alfredo Giuliani, ideandone sia l’allestimento scenico che il commento sonoro e coinvolgendo il Gruppo N e giovani attori per la rappresentazione.
Ricostruendo queste vicende attraverso documenti d’archivio, il presente contributo si propone di portare all’attenzione del lettore una feconda realtà indipendente poco conosciuta, che si inserisce invece a pieno titolo nelle iniziative delle neoavanguardie dei primi anni Sessanta.
In 1962 Sirio Luginbühl became the director of the ‘literary information section’ of the Studio Enne in Padua and established a strict collaboration with the Milanese publisher Vanni Scheiwiller, who introduced him to the Novissimi and Gruppo 63.
Following his friend’s suggestion, between 1962 and 1963 Luginbühl organized in the Gruppo N’s little gallery two important exhibitions dedicated to Concrete and Visual Poetry. From an interdisciplinary and intermedial perspective, in June 1965 the young intellectual also decided to stage in Padua the performance Pelle d’asino. Grottesco per musica by Elio Pagliarani and Alfredo Giuliani, devising both the set design and the music with the involvement of Gruppo N and young actors for the performance.
By reconstructing these events through archival documents, this contribution aims to highlight a little-known but fruitful independent community, which is, however, fully part of the Neo-Avant-Garde initiatives of the early 1960s.
KEYWORDS
Novissimi, Gruppo 63, Gruppo N, Sirio Luginbühl, Pelle d’asino
«Quando per un certo periodo ebbi occasione di risiedere a Ispra […] mi recavo spesso a Milano e al Pirellone, durante una riunione del Gruppo 63, ebbi occasione di parlare con il giovane ma già autorevole Umberto Eco che mi chiese informazioni sul Gruppo N di Padova che io rappresentavo in quanto incaricato del settore letterario.
In quel momento il linguaggio artistico espresso dai gruppi di arte programmata, cinetici, gestaltici, in un certo senso era contiguo ai nuovi “rivoluzionari” della parola» (Luginbühl 2016: 136-137).
Con questa testimonianza il film-maker e regista Sirio Luginbühl[1] ricorda un piacevole incontro avvenuto a Milano intorno alla metà degli anni Sessanta con il Gruppo 63, conosciuto grazie all’editore Vanni Scheiwiller.
Allora giovane intellettuale e studente dell’Università di Padova, Luginbühl si avvicina all’editore milanese e ai Novissimi a partire dal 1962, quando assume la direzione della ‘sezione informativa di letteratura’ dello Studio Enne, piccola galleria sita in via S. Pietro 3 a Padova[2]. Aperto dal Gruppo N nel 1960, questo spazio espositivo indipendente si proietta sin dalle prime mostre verso una dimensione internazionale, ospitando artisti come Bruno Munari, Enzo Mari, il Gruppo T di Milano e il Groupe de Recherche d’Art Visuel di Parigi.
La programmazione degli eventi è finalizzata ad avere una funzione educativa per l’intera comunità padovana, alla quale vengono rivolte non soltanto manifestazioni sulle ultime tendenze artistiche, ma anche iniziative legate a temi di urbanistica, architettura, poesia e musica.
In questa prospettiva il Gruppo N è responsabile delle rassegne artistiche, mentre per quelle tematiche vengono coinvolti diversi amici come Sylvano Bussotti, che nell’aprile 1961 si occupa di un’importante esposizione di musica scritta – in occasione della quale vengono eseguite partiture di compositori internazionali di musica sperimentale – o come Paolo Deganello, che nel dicembre 1961 organizza una mostra dedicata al Piano Regolatore di Amsterdam. Quando, nel 1962, si decide di pianificare un calendario degli eventi culturali da allestire allo Studio Enne, Sirio Luginbühl viene incaricato di questo compito; così, con impegno e intraprendenza, egli inizia a operare in sinergia con Vanni Scheiwiller, che diventa per il giovane intellettuale un’importante figura di riferimento. Recandosi spesso a Milano per incontrare l’editore, Luginbühl ha la possibilità di conoscere l’entourage che ruota attorno alla rivista «Il Verri» diretta da Luciano Anceschi e di aggiornarsi sulle ultime uscite della collana All’Insegna del Pesce d’Oro.
Avviata questa collaborazione, periodicamente vengono inviate a Milano richieste di libri editi da Scheiwiller da esporre nella sede del Gruppo N. Tra i documenti consultati si trovano infatti elenchi di testi, come in una lettera nella quale sono registrate le consegne dei Teoremi sull’arte di Bruno Munari (1961), dell’Antologia del possibile di Gastone Novelli (1962) e dei Maestri del disegno contemporaneo in una raccolta privata di arte moderna a Milano di Francesco Arcangeli (1961), degli Stenogrammi della geometria elementare di Carlo Belloli (1960) e de Il sasso appeso di Nanni Balestrini (1961)[3].
Il legame tra Luginbühl e Scheiwiller è talmente stretto che quest’ultimo propone di allestire dal 18 al 20 ottobre 1962 una mostra di poesia concreta nello spazio padovano, fornendo egli stesso libri e manifesti da esporre e rendendosi inoltre disponibile a tenere una conferenza nel giorno dell’inaugurazione.
Cartoncino d’invito della mostra dedicata alla poesia concreta,
Padova, Studio Enne, 18-20 ottobre 1962
Questa esposizione è articolata come una vera e propria mostra didattica sulle ricerche poetico-visive, sulle sperimentazioni verbo-visuali e sulla poesia della neoavanguardia, le cui origini vengono rintracciate a partire dai carmi figurati di Simia di Rodi del IV-III secolo a.C., passando per il celebre Un coup de dés n’abolira jamais le Hasard di Stéphane Mallarmé[4] e per i Calligrammes di Guillaume Apollinaire, fino a giungere alla contemporaneità rappresentata dagli Stenogrammi della geometria elementare di Carlo Belloli (1960) e dalla raccolta de I Novissimi (1961). L’impostazione storiografica della rassegna padovana anticipa di soli pochi mesi un’altra ambiziosa ricostruzione sulle molteplici costellazioni di opere in cui immagine e parola si compenetrano tra loro: la mostra Schrift und Bild curata da Dietrich Mahlow nel 1963 allo Stedelijk Museum di Amsterdam e alla Staatliche Kunsthalle di Baden-Baden (cfr. Rinaldi 2020: 108-131).
Nel caso dello Studio Enne, però, la tradizione iconotestuale tracciata da Scheiwiller e Luginbühl va a convergere in direzione di Carlo Belloli, figura centrale di questa manifestazione. In effetti, l’intento dei due organizzatori sembra essere quello di proseguire il discorso già avviato da Agnese De Donato nella sua libreria Al Ferro di Cavallo a Roma[5], dove nell’aprile 1961 si era tenuta la mostra di testi e tavole originali degli Stenogrammi della geometria elementare del poeta milanese che potrebbe essere definita la prima occasione espositiva di poesia concreta e visuale in Italia. Questa diretta connessione trova ragione anche nel cartoncino d’invito dell’esposizione romana conservato presso l’Archivio Storico Alberto Biasi a Padova che, per le annotazioni sopra riportate, sembra essere stato utilizzato come modello di riferimento per il biglietto dell’appuntamento padovano.
Cartoncino d’invito della mostra sugli Stenogrammi della geometria elementare
di Carlo Belloli, Roma, Al Ferro di Cavallo, 8 aprile 1961
Sotto le direttive di Scheiwiller, la piccola galleria di Padova si colloca in prima linea, insieme alla ‘bizzarra’ libreria Al Ferro di Cavallo di Roma, nell’operazione di promozione delle sperimentazioni verbo-visive, potendo così qualificarsi tra le prime sedi italiane ad aver ospitato una mostra rivolta a questo tema.
Luogo innovativo di produzione, condivisione e fruizione, lo Studio Enne ottiene l’attenzione della sola stampa locale, che guarda queste ricerche con sospetto e diffidenza, inserendole tra le ‘eccentriche’ ed ‘estrose’ iniziative dei giovani artisti. Non stupisce, quindi, che l’edizione padovana de «Il Gazzettino» commenti così tale progetto:
«La “poesia concreta” insomma porta a dei risultati che possono sotto certi aspetti e sia pure superficialmente, richiamare il gruppo “N”, e lo richiama soprattutto l’ironia polemica, la fantasia, l’intelligenza, qualche traccia di utopismo che sono il grande orizzonte su cui avvampano le esperienze delle nostre avanguardie giovanili» (Semenzato 1962).
E nemmeno stupisce che la «Gazzetta del Veneto» sottolinei in un articolo la solita stravaganza del Gruppo N:
«Disegno + Parola + Punteggiatura + Bianco = Poesia concreta.
Nessuna meraviglia della “sintesi” futurista; siamo nella sede del Gruppo “N” (via S. Pietro, 3) nell’ambito della sezione informativa per la letteratura: la bizzarria è di casa, a cominciare dagli inviti, tipograficamente estrosi dovuti a Biasi» (Algi 1962).

Algi, Mostra di stenogrammi della geometria elementare, «Gazzetta del Veneto», 19 ottobre 1962
Dopo questa interessante e ricercata iniziativa dedicata alla poesia concreta, l’anno successivo Luginbühl si cimenta nell’organizzazione di un altro evento che si inserisce all’interno del programma promosso dalla ‘sezione informativa di letteratura’ dello Studio Enne. Un invito conservato nel suo archivio privato a Padova annuncia che il 3 luglio, alla presenza dell’editore Vanni Scheiwiller, sarebbe stata inaugurata un’esposizione con protagonisti i poeti Novissimi al completo: Nanni Balestrini, Alfredo Giuliani, Elio Pagliarani, Antonio Porta e Edoardo Sanguineti.
Cartoncino d'invito della mostra I Novissimi, Padova, Studio Enne, 3 luglio [1963]
Questo cartoncino, dalla grafica essenziale, non riporta l’anno dell’incontro, che possiamo tuttavia ricavare da una lettera di Giuliani, che in data 16 giugno 1963 comunica a Luginbühl l’avvenuto invio di alcuni collages per la mostra allo Studio Enne:
«[…] l’amico Vanni Scheiwiller mi ha invitato a spedirle direttamente i collages per la mostra del gruppo N, il che ho fatto stamattina; quando le giungerà il presente messaggio i collages dovrebbero esserle già pervenuti.
I titoli e le dimensioni sono scritti nel retro dei telai; i testi sono miei, il montaggio è di Franco Nonnis (per i primi due) e di Gastone Novelli (per il terzo).
Vanni mi ha detto di comunicarle i prezzi da richiedere per gli eventuali acquirenti […]»[6].
Il documento è una fonte utilissima non solo per risalire alla data della mostra, ma anche per comprendere che ad orchestrare l’intera vicenda sia stato l’editore milanese Vanni Scheiwiller.
È la seconda volta in cui Luginbühl coinvolge nella programmazione culturale della galleria di via S. Pietro i poeti Novissimi, ma questa volta riserva loro un’intera rassegna incentrata su lavori in cui coesistono immagini e poesia.
Prima di tentare una ricostruzione di questa manifestazione, è opportuno però ricordare che il 1963 è un anno cruciale per le ricerche letterarie d’avanguardia in Italia: dal 2 al 9 ottobre, infatti, si tiene la Settimana Internazionale Nuova Musica, un festival di musica sperimentale organizzato a Palermo da Francesco Agnello. Durante queste giornate d’intensi scambi intellettuali e creativi, nasce all’Hotel Zagarella di Solanto il Gruppo 63 (cfr. Balestrini, Giuliani 1963).
L’evento padovano organizzato da Luginbühl e presentato da Scheiwiller si colloca quindi poco prima di questo sodalizio interdisciplinare all’interno del quale la poesia è stata un elemento centrale di convergenza tra i diversi protagonisti.
Da quanto possiamo leggere nella lettera sopra citata, la mostra dei Novissimi propone, tra i vari componimenti, anche tavole realizzate da Alfredo Giuliani insieme ai pittori Gastone Novelli e Franco Nonnis, nelle quali l’intersezione tra scrittura e immagine è evidente (cfr. Rinaldi 2020: 109),
Anche in questo caso il riferimento più prossimo è alla libreria Al Ferro di Cavallo a Roma, che nel 1961 espone per la prima volta i Cronogrammi di Nanni Balestrini e Giuliani-Nonnis. Rivolgendo uno sguardo al piccolo catalogo dell’esposizione romana possiamo intuire, grazie alla presentazione di Gillo Dorfles, in cosa consistano tali componimenti. Il critico triestino tiene a precisare in primis come «Si tratta di versi» che lui chiama «veri», perché creati con ritagli di giornali, parole rubate ad articoli stampati su quotidiani, talvolta destinate ad argomenti di politica, sport o cronaca nera. Insomma, sono versi veri per la ragione stessa di appartenere alla nostra vita reale. «Che poi questi ritagli siano stati isolati, impaginati, incollati, a formare una immagine plastica con l’aiuto anche d’un pittore (il giovane Franco Nonnis che ha collaborato con Giuliani) non fa specie» (Dorfles 1961: s.p.).
Queste composizioni poetico-plastiche, continua Dorfles, hanno la capacità di trasformare un testo pubblicato su un giornale, una rivista o qualsiasi altro mezzo d’informazione, in un testo poetico; inoltre, la cooperazione tra artisti e poeti mostra l’urgenza degli autori di lavorare in équipe e non più singolarmente.
Il carattere sperimentale e intermediale è alla base di tutta l’esperienza dei Novissimi[7]: ed è proprio la collaborazione tra questi poeti e alcuni protagonisti della Nuova Figurazione che dà origine ai libri d’artista, come quelli di Giuliani, Pagliarani, Gastone Novelli e Achille Perilli, ma anche ai collages, nati dal sodalizio tra Giuliani e Novelli.
Scorrendo il cataloghino della mostra della libreria Al Ferro di Cavallo troviamo i titoli di alcuni lavori esposti, come Contro il pericolo di Nanni Balestrini, Cent’anni or sono di Giuliani e Nonnis, Meglio molto meglio di Giuliani e Novelli; se ipotizziamo che la mostra allo Studio Enne possa aver preso come modello quella romana, è verosimile che a Padova siano arrivate opere analoghe.
Nei collages la lezione del Futurismo e delle destrutturazioni Dada si unisce a quella di Kurt Schwitters che, come ricorda Cortellessa, irrompe nella vita dei Novissimi durante la Biennale di Venezia del 1960 (Cortellessa 2015: 459-460). Dopo tale esperienza, i poeti Giuliani, Porta e Balestrini iniziano a utilizzare tale tecnica sulla scorta delle opere dell’artista tedesco, che avrà un ruolo importante anche per Perilli (Lo Monaco 2019: 157). E così, riprendendo le parole di Lo Monaco, possiamo ricongiungere questi percorsi paralleli all’insegna della commistione tra arte e poesia:
«Tra le tappe significative che testimoniano del percorso di ricerca comune si può menzionare una piccola plaquette, curata da Novelli e edita nel 1962 da Scheiwiller, intitolata Antologia del possibile, in cui sono compresi disegni di Novelli, immagini dello spettacolo musicale Collage ’61 realizzato da Perilli, ma anche poesie di Pagliarani e Sanguineti e poesie-collage di Giuliani e Balestrini, presentati, insieme ad altre opere, con la volontà di mostrare i nuovi orizzonti di ricerca già in atto nell’ambiente avanguardistico internazionale e in una prospettiva interdisciplinare» (Lo Monaco 2020: 115-116).
Se dell’iniziativa organizzata da Luginbühl presso lo Studio Enne non si hanno altre notizie, ancor più problematica è la ricostruzione di un altro evento che lui ‘mette in scena’ nella città di Padova il 19 giugno 1965.
Fondamentale in questo intento è il cartoncino d’invito dello spettacolo Pelle d’asino, all’interno del quale figurano come organizzatori lo Studio Enne e il gruppo di ricerca Lo Stanzone. Una breve nota, scritta probabilmente dallo stesso Luginbühl, pone la reinterpretazione in chiave moderna di tale fiaba come preludio di altri appuntamenti sull’arte d’avanguardia: «questa manifestazione vuole essere l’inizio di un discorso sulle poetiche contemporanee che verrà ripreso più organicamente nel prossimo autunno»[8].
Cartoncino d'invito dello spettacolo Pelle d’asino, Padova, Lo Stanzone, 19 giugno 1965
Pelle d’asino. Grottesco per musica è il titolo dell’opera di Alfredo Giuliani ed Elio Pagliarani data alle stampe nel 1964 dall’editore Vanni Scheiwiller per la collana All’Insegna del Pesce d’Oro (Giuliani, Pagliarani 1964). Il volumetto di 35 pagine è corredato da disegni di Gastone Novelli e consiste nella riscrittura teatrale della celebre fiaba di Charles Perrault[9]. Il testo del primo atto – l’unico che vedrà la luce dei tre previsti (Rizzo 2013: 141) – era stato pubblicato la prima volta nel 1963 su «Il Verri» (Giuliani, Pagliarani 1963), ma è solo nel 1965 che trova una sua rappresentazione teatrale sotto la regia di Mario Ricci, che usufruirà degli elementi scenici di Novelli.
La prima di Pelle d’asino si tiene al Teatro Orsoline 15[10] di Roma il 15 febbraio 1965. In questa occasione Ricci collabora per la parte musicale con Pasquale Santoro ed è affiancato dalla moglie Gabriella Toppani e dal tecnico suoni e luci Riccardo Orsini.
Il ricordo del regista di questo spettacolo è il seguente:
«rispetto alla mia produzione di quel periodo, così tesa verso l’elaborazione d’un linguaggio teatrale affatto originale, forse a causa d’un eccessivo rispetto per il testo scritto non rappresenta motivi di novità. Uno spettacolo piacevole del quale ho un modesto ricordo» (Ricci 2016).
La ricerca teatrale di Ricci è fortemente influenzata dall’arte visiva ed è fondata sulla sperimentazione di materiali d’animazione: la scenografia non è considerata la cornice dell’azione, ma viene integrata nell’episodio scenico. La presentazione di Pelle d’asino – mette in evidenza Lo Monaco – non mantiene tuttavia gli stessi materiali scenici realizzati nei bozzetti di Novelli, che raffigurano una sceneggiatura molto più barocca rispetto a quella scarna messa in opera nel febbraio del ’65. E anche le marionette, estremamente stilizzate, non rispecchiano l’aspetto di quelle disegnate nei bozzetti originali[11].
Lo spettacolo viene recensito da Maurizio Fagiolo dell’Arco sull’«Avanti!» in un dettagliato articolo che prende le mosse dalla presenza scenica di marionette invece che di attori in carne e ossa, fino ad arrivare alla descrizione del repertorio dell’intera serata, articolato in tre diverse rappresentazioni: Movimento uno e due, A di Gianni Novak e, infine, Pelle d’asino che, osserva Fagiolo «rientra (anche se il testo è corrosivo, la recitazione scattante, le musiche ben assortite) in un repertorio più abituale. Qui le marionette sono marionette nel senso più tradizionale e mimano gli atti dell’uomo, mentre nelle altre azioni sceniche Ricci ha trovato un ritmo nuovo, autonomo, funzionale» (Fagiolo 1965: 3).
A questo punto, occorre prendere in esame l’esigua documentazione esistente sulla seconda rappresentazione di Pelle d’asino, quella avvenuta a Padova.
Alla base dell’intera organizzazione c’è Sirio Luginbühl che, ricevuto il piccolo volume di Pelle d’asino. Grottesco per musica inviatogli dall’amico Vanni Scheiwiller, lo sottopone a tutto il Gruppo N. Così, il 12 gennaio 1965, l’artista prende l’iniziativa e lancia a Giuliani e Pagliarani la proposta di mettere in scena lo spettacolo nella sua città con commento sonoro di Ennio Chiggio, che a quest’altezza cronologica è già impegnato in sperimentazioni di musica elettronica insieme alla compositrice Teresa Rampazzi:
«l’amico Vanni Scheiwiller mi ha inviato in questi giorni il vostro grottesco per musica “Pelle d’Asino” che ha divertito me e gli amici del gruppo. Avremmo pensato di presentarlo a Padova con il commento sonoro di Ennio Chiggio e corredato da una serie di diapositive in bianco e nero e a colori. La scenografia, a nostro avviso, dovrebbe essere moderna e… leggermente surrealista (delta del Po, porto Marghera, casoni lagunari, zuccherifici e tanta povera gente) e la musica concreta-elettronica. Cosa ne pensate? Potremmo vederci tutti a Milano?»[12].
Questa lettera permette di attuare una serie di riflessioni, mostrando prima facie l’intraprendenza con cui Luginbühl si è fatto carico di una rappresentazione teatrale ancora inedita – se consideriamo la data della missiva che precede di circa un mese lo spettacolo di Mario Ricci –, coinvolgendo da un lato Pagliarani e Giuliani e dall’altro il Gruppo N.
In stretta contiguità tra arte, poesia, musica e teatro, la sua idea comprende anche un allestimento scenico realizzato con diapositive per ricreare un’ambientazione che lui definisce ‘surrealista’, proiettando immagini di aree industriali e naturali tipiche del paesaggio veneto.
L’attenzione di Luginbühl verso il paesaggio, ravvisa Federica Stevanin, deriva innanzitutto dagli studi universitari in Scienze geologiche, ma anche dal suo lavoro di informatore medico, che gli dà la possibilità di viaggiare e osservare zone periferiche, industriali, luoghi nei quali il boom economico ha avuto delle conseguenze anche nel territorio circostante (cfr. Stevanin 2018: 195). Se finora tale interesse è stato considerato in riferimento ai film sperimentali di Luginbühl (cfr. Lucatello 2022), con questa testimonianza possiamo ritenere che già dal gennaio 1965 egli abbia iniziato a maturare una sensibilità verso questi contesti socio-geografici periferici e marginali.
Quando, in anni recenti, Luginbühl ha commentato il suo interesse per le aree industriali come Porto Marghera, ha specificato come queste zone ad altissimo inquinamento lo «affascinavano proprio per i loro contrasti violenti, anche dal punto di vista cromatico. Zone lasciate a sé stesse, nelle quali i cartelli di divieto d’ingresso avevano un valore assolutamente risibile, essendo facili da raggiungere e altrettanto facilmente penetrabili» (Luginbühl 2007: 30).
Quanto all’idea di proiettare diapositive sullo sfondo, non possiamo ignorare l’azione scenica di Intolleranza 1960 di Luigi Nono, che nell’aprile 1961, sotto la direzione di Bruno Maderna, viene recitata al Teatro la Fenice di Venezia nell’apparato scenico di Emilio Vedova. In quell’occasione, con il contributo dello scenografo ceco Josef Svoboda, erano state proiettate immagini e materiale documentaristico la cui potenza visiva era volta a coinvolgere emotivamente lo spettatore. L’immaginario di Luginbühl deve essere stato indubbiamente colpito da questo spettacolo, ma anche dal confronto diretto con lo stesso Vedova che, come lui stesso dichiarerà, gli aveva insegnato le tecniche di colorazione delle diapositive e della pellicola cinematografica, in seguito impiegate in alcuni suoi film (Luginbühl 2007: 30).
Tornando al carteggio tra Luginbühl, Giuliani e Pagliarani, possiamo notare dalla risposta dei due poeti che la proposta ha suscitato in loro un certo entusiasmo:
ci fa piacere, a Giuliani e me [Pagliarani], che “Pelle d’asino” vi abbia divertito e che abbiate pensato di presentarlo a Padova.
Noi però abitiamo a Roma e ci riesce assai difficile un incontro a Milano. Io sarò a Milano la settimana prossima, ma credo che sarò molto preso […].
Ma non occorre, voglio dire non è indispensabile che ci vediamo ai fini della presentazione di “Pelle d’asino”: siamo sicuri anche perché sappiamo (almeno per quanto riguarda la pittura) la serietà dello Studio N che tutto andrà bene[13].
Secondo la studiosa Lisa Parolo (cfr. Parolo 2018: 56-57) l’interesse di Luginbühl verso forme teatrali live e sperimentali è fortemente connesso all’influenza di riviste come «Sipario» (1946-), «Metro» (1960-1970), «Marcatré» (1963-1970) e «Grammatica» (1964-1976). Sfogliando queste pubblicazioni, era possibile infatti leggere recensioni su spettacoli sperimentali, conoscere nuove forme d’espressione come l’happening e aggiornarsi sulle performances teatrali organizzate in Italia e all’estero. Indubbiamente l’intellettuale padovano è inoltre al corrente di una serie di iniziative che, specialmente a Roma, promuovono la collaborazione tra la neoavanguardia artistica e il ‘Nuovo Teatro’, che non casualmente Valentina Valentini inquadra a partire dal 1963, anno della nascita del Gruppo 63 (cfr. Valentini 2015).
Mentre a Roma si tiene la prima rappresentazione di Pelle d’asino presso l’ex cantina del Teatro Orsoline 15, a Padova Luginbühl si adopera per organizzare lo stesso spettacolo, cercando innanzitutto un luogo alternativo alla sede del Gruppo N, oltretutto scioltosi alcuni mesi prima. Pur non avendo notizie sul gruppo Lo Stanzone – probabilmente un collettivo teatrale che si riuniva a Padova in Corso Vittorio Emanuele 87 – possiamo sostenere con certezza, grazie alle poche tracce conservate nell’archivio di Luginbühl, che la rappresentazione a Padova sia stata eseguita da giovani attori e attrici. Dallo scambio epistolare con Giuliani e Pagliarani emergono alcune informazioni sullo spettacolo, al quale i due poeti non hanno potuto assistere ma che hanno comunque apprezzato attraverso le fotografie inviate dallo stesso Luginbühl: «grazie mille del materiale e delle notizie», scrive Pagliarani, «forse avrà sentito anche Giuliani: penso che una foto o due dello spettacolo usciranno sul prossimo numero di “Grammatica”. Avessi potuto venire, sarei venuto volentieri a vedere lo spettacolo»[14].
La lettera prosegue con gli aggiornamenti della serata al Teatro Parioli di Roma dove, dal 3 al 7 giugno 1965, la Compagnia teatro dei Novissimi diretta da Piero Panza ha messo in scena L’occhio di Giordano Falzoni, La merce esclusa[15] di Elio Pagliarani, Improvvisazione di Nanni Balestrini e Povera Juliet di Alfredo Giuliani.
Tali informazioni vengono condivise con Luginbühl per promuovere simili spettacoli anche a Padova, dove ad esempio Pagliarani propone di mettere in scena Casa serena, un canovaccio «totalmente inedito […] che mescola intervista a Mao coi consigli quotidiani ai clienti della Cassa di Risparmio di Roma»[16].
Soddisfatto della rappresentazione padovana di Pelle d’asino si rivela anche Giuliani, al quale Pagliarani ha mostrato le fotografie dell’evento. Con la volontà di mettere al corrente di questo spettacolo anche i lettori di «Grammatica», Giuliani chiede a Luginbühl maggiori notizie su Lo Stanzone:
«Sperando di poter uscire finalmente con Grammatica (fascicolone dedicato al teatro, già pronto e rimandato per disragioni finanziarie) vorremmo pubblicare una notizia un po’ precisa: che cos’è in breve lo Stanzone, regista attori (deliziose le attrici, intraviste nelle piccole foto), attività, poi Pelle d’asino in particolare e qualche foto; […] due che mi sono parse buone [sono] re e regina seduti in trono; finale con bellissime gambe di fanciulle e riprodurremmo quelle se siete d’accordo»[17].
Come riscontra Parolo (cfr. Parolo 2018: 61, nota 28), le fotografie e il testo richiesti a Luginbühl per il secondo numero di «Grammatica» non vengono pubblicati, forse a causa dell’ingente ritardo con cui uscirà la rivista, data alle stampe nel 1967.
La documentazione qui presa in esame, pur nella sua incompletezza, apre tuttavia a nuove interpretazioni dell’opera Pelle d’asino di Giuliani e Pagliarani, inserendola in un contesto inedito non solo per la presenza di attori reali che occupano la scena, ma anche per l’esecuzione musicale che potrebbe averla accompagnata[18].
Se sinora non erano state trovate notizie riguardo a compositori che si siano interessati a mettere in musica tale spettacolo[19], oggi possiamo ipotizzare che nel giugno 1965, a distanza di soli quattro mesi dalla prima rappresentazione romana, il Grottesco per musica di Pelle d’asino si sia risolto in un componimento di musica elettronica di Ennio Chiggio, che insieme a Teresa Rampazzi aveva appena fondato il Gruppo NPS (Nuove Proposte Sonore)[20].
Desidero ringraziare Guido Bartorelli per i preziosi consigli e Greta Boldorini per l’aiuto nel reperimento di alcune fonti. Per la loro disponibilità e cortese collaborazione ringrazio anche Alberto Biasi (Archivio Storico Alberto Biasi), Flavia Randi (Archivio Sirio Luginbühl) e Maria Concetta Petrollo Pagliarani (Archivio Elio Pagliarani).
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[1] Sirio Luginbühl (Verona, 28 febbraio 1937 – Padova, 2 settembre 2014) è stato regista, autore, critico, artista e film-maker italiano. Laureatosi a Padova in Scienze geologiche, agli inizi degli anni Sessanta rivolge i suoi interessi alla letteratura, all’arte e al teatro, partecipando a varie esperienze di avanguardia. Per la figura di Sirio Luginbühl cfr. Luginbühl 2016; Lucatello 2018; Bartorelli, Parolo 2018.
[2] Nato a Padova nel 1960 e scioltosi nel 1964, il Gruppo N è costituito da Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi e Manfredo Massironi. Le ricerche visuali e cinetiche condotte dal Gruppo N si collocano nel panorama internazionale dei primi anni Sessanta accanto alle sperimentazioni di altri artisti europei che egualmente lavorano in una dimensione collettiva. Per una storia del Gruppo N cfr. Mussa 1976; Feierabend, Meloni 2009.
[3] Cfr. Archivio Storico Alberto Biasi, Padova, b. 14, fasc. 41, lettera di Vanni Scheiwiller al Gruppo Enne, 20 aprile 1962.
[4] L’opera di Mallarmé viene presentata allo Studio Enne nell’edizione del 1961 curata da Francesco Piselli e pubblicata a Cittadella dall’editore veneto Bino Rebellato.
[5] Per un approfondimento sulla libreria Al Ferro di Cavallo, sorta a Roma nel 1957 cfr.: De Donato 2005; Boldorini 2019: 118-121.
[6] Archivio Sirio Luginbühl, Padova, lettera di Alfredo Giuliani a Sirio Luginbühl, 16 giugno 1963.
[7] Ad esempio, sul rapporto di Balestrini e Pagliarani con le arti visive cfr. rispettivamente Casero 2017: 28-43; Portesine 2021: 2-33.
[8] Invito dello spettacolo Pelle d’asino, Lo Stanzone, Padova, 19 giugno 1965.
[9] Per un’analisi completa dell’opera si rimanda a Rizzo 2013: 141-165; Rizzo 2020 (in particolare pp. 261-265).
[10] Inaugurato nel dicembre 1964, questo luogo di sperimentazione è stato ideato da Mario Ricci e Gabriella Toppani. Un approfondimento sulla poetica di Ricci, che tiene conto della documentazione dell’Archivio Mario Ricci, è pubblicato sulla rivista «Arabeschi». Cfr. Grazioli 2022. Si veda anche Franco, Zaccagnini 2009.
[11] Cfr. Lo Monaco 2019: 353-354. Al riguardo si vedano le foto di scena dello spettacolo: http://marioricci.net/spettacoli/pelle-dasino.
[12] Archivio Elio Pagliarani, Roma, serie Corrispondenza, fasc. 118, lettera dattiloscritta di Sirio Luginbühl ad Elio Pagliarani e Alfredo Giuliani, 12 gennaio 1965.
[13] Archivio Sirio Luginbühl, Padova, lettera di Elio Pagliarani a Sirio Luginbühl, 21 gennaio 1965.
[14] Archivio Sirio Luginbühl, Padova, lettera di Elio Pagliarani a Sirio Luginbühl, 8 luglio 1965.
[15] Pubblicata nel 1965 sulla rivista «Il Menabò letterario» edito da Einaudi, l’opera presenta la sceneggiatura di Toti Scialoja e Piero Panza. Sull’intero spettacolo cfr. Lo Monaco 2019: 404-405.
[16] Archivio Sirio Luginbühl, Padova, lettera di Elio Pagliarani a Sirio Luginbühl, 8 luglio 1965. In riferimento a Casa serena, Pagliarani ne annuncia l’uscita sulla rivista «Malebolge».
[17] Archivio Sirio Luginbühl, Padova, lettera di Alfredo Giuliani a Sirio Luginbühl, 15 luglio 1965.
[18] In occasione della prima realizzazione dell’opera al Teatro Orsoline 15, Mario Ricci, in collaborazione con Pasquale Santoro, ha unito suoi collages musicali o rumoristici.
[19] Questo dato emerge anche dalla straordinaria operazione di ricognizione di Giovanna Lo Monaco sull’esperienza in ambito teatrale del Gruppo 63. Cfr. Lo Monaco 2019: 258, 412.
[20] Il Gruppo NPS (Nuove Proposte Sonore) viene fondato da Ennio Chiggio e Teresa Rampazzi nel maggio 1965. Pochi mesi dopo si aggiungeranno Serenella Marega e Memo Alfonsi. Sull’argomento cfr.