p. 50-52 > Per Carla Vasio Premio Pagliarani 2018 alla carriera

Per Carla Vasio
Premio Pagliarani 2018 alla carriera

Giorgio Patrizi

carla vasio

Nel panorama della letteratura sperimentale del  secondo  Novecento,  Carla  Vasio  occupa  un posto  di  particolare  rilievo:  e  non  solo  per  la qualità dei testi a cui ha dato vita la sua costante ricerca  e  sperimentazione  formale,  o  per  la capacità  di  raccontare  le  storie  più  diverse –  da angolazioni  peraltro  sempre  differenti  di  un mondo  complesso  e  frammentato  che  le  storie appunto  aiutano  a  decifrare.  Ma  ciò  che conquista della sua pratica della letteratura, della sua  appassionata  militanza  nell’universo  della  parola  rinnovata  e  sottratta  ad  ogni automatismo della fruizione, è la capacità continua di rinnovarsi, di rinnovare la propria scrittura  e  il  proprio  rapporto  con  i  sistemi  espressivi  esperiti  in  quello  scorcio  di Novecento in cui il suo lavoro è nato, cresciuto, acquistato forza e significato. Il significato di un lavoro instancabile sulla e per la parola: per cavare da questa tutti i significati a cui la portavano  una  cultura  ricca  e  brillante  e  per  renderla,  la  parola,  ancora  più  fiammante nelle  sue  performance  espressive.  Ciò  la  apparenta,  nel  nostro  Novecento  popolato  da cultori  della  parola,  ai  grandi  scrittori  espressionisti,  lettori  di  pagine  eleganti  e  sempre singolari  e  promotori  di  una  letteratura  “come  menzogna”  (Manganelli)  e  come  critica dell’ideologia (Sanguineti).

Carla Vasio scrittrice nasce nel clima febbrile dei Convegni del Gruppo 63 -la raffinata intellettuale, nobildonna veneziana era nata un po’ prima- dove scopre la dimensione del testo  come  macchina  celibe,  che  produce  significati  proprio  in  quanto  conquista un’autonomia  di  funzionamento,    in  quanto  esibisce  le  proprie  dinamiche  e  le  proprie strutture,  come  nel  sorprendente,  vertiginoso  Orizzonte  del  1966,  ripubblicato recentemente da Polimata: dove la storia di una relazione tormentata, semplice ma appena accennata, è esaltata da un vertiginoso explicit in cui la narrazione si riavvolge su se stessa, in una inarrestabile spirale. O, ancora, nell’irriverente, giocoso Romanzo storico, del ’74, scritto con l’artista Enzo Mari, che essiccava la storia di un’epopea familiare in un albero genealogico, di fertile suggestione insieme ironica e  sapientemente metaletteraria.

Poi vennero  altri scenari da gestire e interpretare con la scrittura: l’incontro col Giappone, momento fondamentale della biografia della scrittrice, che in Giappone visse a lungo.  Lì ebbe luogo l’impatto con un mondo in cui il formalismo si carica di significati insieme etici ed estetici, metalinguistici, affilando la capacità di guardare indietro, alla cultura europea, insieme con acuta ironia e rinnovata capacità di comprensione.

Ora, per Carla Vasio scrivere - oltre che l’impegno primario di una vita segnata dalla curiosità per il mondo, gli altri, le novità assedianti - diviene l’esercizio di un’etica della letteratura, che tende a ricostruire proprio nella pratica insieme rigorosa e raffinata della forma.  Così per lo studio e la scrittura della poesia Haiku: per oltre 20 anni ha organizzato e diretto a Roma, un premio per la Poesia Haiku in italiano. Carla Vasio si accosta a questa tradizione giapponese, forte della sua cultura, del gusto per una creazione letteraria carica di  sensi,  capace  di  parlare  delle  cose  del    mondo  attraverso  semplici  allusioni,  un  gioco formidabile di non detto, di non potuto dire.

Ugualmente  per  le  narrazioni,  dove  gestisce  il  racconto  con    una  eleganza,  che  è  ahimè sempre più rara nel panorama contemporaneo. E’ possibile individuare un filo rosso che unisce  alcune  opere  narrative,  in  cui  –  recuperando  un  andamento  del  racconto  solo apparentemente  più  tradizionale  -  in  realtà  costruisce  un  ritratto  di  personaggi  e  della modalità in cui questi si collocano in un mondo tutto particolare e problematico.  

Carla  Vasio  tende  a  ricostruire  l’efficacia  del  raccontare  come  tensione  ad  una rivendicazione dei valori morali, quelli che si possono riconoscere al fondo di vite difficili, drammaticamente ostinate, in una ricerca del senso dell’esistenza. Così via via, nella storia della  scrittrice  giapponese  di  fine  Ottocento,  Ichiyo  Higuchi,  prima  poetessa  nel giapponese moderno, consumata dalla sua stessa biografia di innovatrice della tradizione. O nelle vicende della veggente Viviana, a cui la Vasio dedica un lungo racconto Invisibile, allusivo proprio alla possibilità della letteratura di parlare di ciò che non appare, di ciò che è impossibile raccontare.  

A questa prospettiva Carla Vasio va dedicando gli ultimi suoi esperimenti di scrittura: le brevi narrazioni del Tuono di mezzanotte (Nottetempo 2017), sono una prova suprema di capacità  di  raccontare  in  levare,  peraltro  strutturando  i  brevi  racconti  in  una  sapiente cornice.  Storie  minime,  raccontate  con  apparente  semplicità,  all’interno  di  un  universo quotidiano  segnato  da  un  evento  misterioso  (appunto  il  tuono  a  mezzanotte)  che scompagina esistenze solo apparentemente banali, voci solo momentaneamente silenziose. Esercizio sul tempo e sulla “cadenza” delle cose e dei fatti che ci circondano – come dice la Vasio  stessa:  cadenza  come  riconosciamo  in  musica,  ritmo,  misterioso  ma riconoscibilissimo, della vita.

Ma  Carla  Vasio  è  anche  una  attenta  testimone  dei  propri  tempi.  Due  libri  ne ripropongono  questo  ruolo.  L’intervista  a  Goffredo  Petrassi,  esito  di  una  educazione musicale  che  si  consolida  nella  vicinanza  al  gruppo  di  Nuova  Consonanza  e  la  memoria ironica e appassionata insieme di Vita privata di una cultura, diario delle esperienze con gli  scrittori  e  artisti  della  Neoavanguardia.  Qui  lo  sguardo  sui  vicini,  -  sui  compagni  di strada  e  sui  sodali,  ma  anche  su  quelli  più  distanti  -  diventa  insieme  un  esercizio  di intelligenza rappresentativa e interpretativa.

Un percorso lungo, complesso, ricchissimo di esiti che lasciano un’impronta indelebile: una  scrittrice  che  impersona  quanto  di  più  alto  e  importante  è  stato  prodotto  dal Novecento. Un invito a stare nella letteratura –ma più in generale nelle pratiche artistiche- con intelligenza e passione, con ironia e allegria insieme.