Bestia da latte romanzo di Gian Mario Villalta
Roberto Milana
Il respiro letterario della scrittura di Villalta ha una fisiologia indubbiamente poetica anche quando agisce sui corpi prosastici come l’uno due editoriale quasi pugilistico recente che nel giro di due mesi ha piazzato in libreria la densa saggistica moralmente militante de “L’isola senza memoria” (Laterza, 2018) e la memorialistica stanca dell’eco delle offese e terapeutica di questo romanzo ben titolato “Bestia da latte” (SEM, 2018). In effetti l’autore sempre e pazientemente cuce una rete ineffabile di elementi linguistici pulsanti come indizi metaforici e altre figure retoriche. La pratica letteraria sartoriale si compie sui due campi narrativi del libro : le vicende nude di pura crudeltà giovanile che segnano il rapporto col cugino e la registrazione socio malinconica della finis “campagnae” del nordest italiano. Le due trame combaciano in un’epica critica quotidiana dove lievitano fresche significazioni parlanti antropologicamente un mondo contadino al dettaglio pascoliano che si perde in un batter di anni sessanta. Attraverso un’omologazione forzosa come un dramma lieto e disattento incarnato amorevolmente dalla figura strutturalmente distratta della madre dell’autore, che lascia in terra stracci di tragedia irredimibile. Nella fattispecie il sadismo delinquenziale del cugino torturatore abbandonato nella casa di famiglia dalla madre in cerca di un vanesio erotismo e di benessere economico come ricompensa della sua bellezza inquieta. Ed anche il covato trauma delle violenze gratuite subite che l’autore coraggiosamente dopo tanti anni delinea ed elabora con gli strumenti ecografici della letteratura. Sussistono tracce di Camon in questa campagna ridetta con un italiano calmo, una lingua di esistenza pubblica e di incisione interiore che non vuole rimuovere nulla dell’attanza del male osservato in tutti gli anfratti di un paesaggio biografico. “…Venne il momento in cui le “bestie” non erano più gli animali per eccellenza, ma un prodotto per l’industria, diviso in due categorie merceologiche: le “bestie da latte” e le “bestie da carne”…anche gli uomini, come gli animali con i quali avevano condiviso la vita fino a poco tempo prima, diventarono bestie da latte o da carne…”. Bestia da latte è un romanzo di curioso aplomb stilistico quanto più è personalistico tanto più si connota socialmente, quanto più si astrae letterariamente tanto più risulta vero e di reale consistenza teso a definire addirittura i modi economici del cambiamento ostile e la cattiva anima che essi tessono intorno a tante vite ignare e complici della propria umana decadenza. Lo sguardo narrativo si muove sulle immagini concettuali e primordiali dell’infanzia, di acuta emotività, febbrili, che poi l’autore provvede a contenere e indirizzare poeticamente verso esiti maturi di conoscenza e di testimonianza, come un memoriale. La naturale antica identità degli animali in confidenza con gli uomini, accolta unanimemente nelle stalle pulite unite al blocco abitativo, assume in quegli anni sessanta una sembianza tecnicistica, reificatoria, come mera merce animale. E le stalle alla ricerca del facile plusvalore vengono edificate lontano dalla casa, defamiliarizzate e tenute anche nella sporcizia senza cura parentale dalle solo produttive pratiche aziendali. Inizia la divisione merceologica in bestie da latte e bestie da carne che l’autore sposta con un contagio poetico ed economicistico sulle esistenze umane della sua comunità e del suo personalissimo atroce ring con il cugino quintessenza della bestia da carne e se stesso stupito da tanta cattiveria, bestia da latte. Sulla pagina si animano ricordanze di un proustismo popolare di vivide figure familiari intorno all’io ferito, alle prese con un’accidentata formazione, dolorosa per il senso di perdita storica che l’informa. Se ne vanno gesti e forme di attenzione, tecniche e riti rurali. L’età evolutiva del protagonista scorre segnata dalla svelta spoliazione di abitudini arcaiche e il male domestico e il malessere sociale si incuneano nella non più semplice vita dell’autore, si rapprendono in una voce romanzesca lontana dal vittimismo e letterariamente vigile.
Gian Mario Villalta, Bestia da latte, [Milano], Società editrice milanese, 2018