Strana categoria di Carlo Bordini
Modalità e strategie di confezionamento e diffusione
di un libro autoprodotto[*]
Giuseppe Garrera
Abstract
Studio della storia editoriale del primo libro di versi di Carlo Bordini, Strana categoria, autoprodotto nel 1975 come momento nuovo e inatteso all'interno della lotta politica. Edizione, pubblicità e diffusione di un ciclostilato poetico.
A study of the editorial history of verses from Carlo Bordini’s first book, Strana categoria, which he self-produced in 1975 reporting a new and unexpected moment pertaining to political conflicts. Edition, advertising and distribution of a compiled poetic series.
Keywords
Carlo Bordini - primo libro - lotta politica
Carlo Bordini - first book - political conflict
Strana categoria, primo libro di poesie di Carlo Bordini, uscì nel 1975. Autoprodotto. Si tratta infatti di un ciclostilato di 104 pagine, formato 29x21 cm, copertina cartonata con illustrazione originale di Franco Bellardi e recante autore, titolo, luogo e data: Carlo Bordini, Strana categoria, Roma 1975.
Al verso della prima pagina interna due sole informazioni editoriali «copertina di franco bellardi» (tutto rigorosamente in minuscolo) e: «edito dall’autore», a parte ovviamente titolazione e luogo e data ripetuti al recto della seconda pagina: Carlo Bordini (qui con maiuscole), Strana categoria (tutto maiuscolo) e: Roma 1975. Per il resto: retro copertina interamente muto, così come all’interno nessuna presentazione né indice, nessuna notizia sull’autore (Enzo Siciliano resterà sorpreso nello scoprire che si trattava non dell’opera prima di un giovane ma di un trentasettenne), nessuna nota biografica e tanto meno bibliografica, nessun colophon: individualismi o civetterie o pose d’autore e da libro da vetrina e libreria, o il vezzo del critico di turno o prezzolato che presenta l’esordiente, tutto assente: il formato foglio A4 e l’aspetto di fascicolo non tradiscono alcuna intenzione o tentazione di presentarlo o confezionarlo come un libro o libretto e cioè di dargli un aspetto tascabile e da libreria.
Nella lettera che riceverà da lì a poco da Franco Fortini a seguito di una lettura che lo ha comunque stupito (“Caro Bordini, ho letto tutto il suo poligrafato. Non mi succede spesso”- è l’esordio della lettera - lettera datata 21 settembre 1976 ), Fortini adotta la designazione di “poligrafato”: dunque un ciclostilato, ma confezionato molto bene, di ottima qualità per come spillato, rilegato, e per nitidezza della battitura grazie all’ utilizzo di un’ ottima macchina da scrivere riportata dal viaggio in Germania, ad attestare una pratica agguerrita ed esperienza del poeta nell’utilizzo e nel confezionamento di tali strumenti di lotta e di propaganda politica: perché questo “strano “ prodotto è comunque emanazione del movimento: nasce, scaturisce, all’interno del sistema militante e di quotidiana guerriglia politica e ideologica; al momento, ogni sua parte materiale (dal confezionamento alla distribuzione) segue le pratiche consolidate della lotta e dell’impegno: tutta l’industria bellica è riconvertita per questo nuovo e strano prodotto, e anzi , come vedremo, si tenta di considerarlo interno al movimento, come esigenza, sì, particolare, ma giustificata dai compagni di lotta, così come sono anche le procedure di produzione a giustificarlo (ciclostilato, distribuzione a mano, vendita per corrispondenza, pubblicità in riviste di esoeditoria e mai di settore, rifiuto della distribuzione e di canali legittimi e funzionali al sistema del mondo e dei poteri di qualsiasi sorta essi siano: dunque poesia, dunque strana categoria, ma con tutti i crismi della pubblicazione del gruppo, della sede, della milizia e d’appartenenza).
Per quanto riguarda nello specifico poi la pubblicità e la diffusione, la distribuzione si direbbe oggi, di tali ordigni poetici degli anni a seguire, risalta evidente come queste apparizioni poetiche all’interno del movimento politico, questo concretizzarsi di bisogni dell’io, non solo adottano il ciclostilato, e cioè, come abbiamo detto, strumenti di guerriglia e armeria già consolidati e appena riconvertiti in versi e fiorame, ma anche le stesse modalità di diffusione e propaganda della produzione politica e insurrezionale: anche la poesia diventerà e assumerà caratteri di militanza, tecniche della milizia e delle sedi della lotta, la pubblicità vera e propria non percorre le riviste di settore, ma quelle di lotta e di controcultura: fatta eccezione per la recensione di Enzo Siciliano (Un poeta che stampa in ciclostile, ne «Il Mondo», a. XXVII, n.37, 11 settembre 1975) e la tempestiva segnalazione nell’antologia di Cordelli del 1975 Il pubblico della poesia (dove non vengono inseriti versi di Bordini ma, nello schedario finale, gli viene dedicata una nota biografica riportando le parole di Enzo Siciliano ), Strana categoria è pubblicizzato e “diffuso” nel movimento e nelle forme eterodosse dei gruppi politici. La storia esterna della raccolta di Bordini è storia esemplare della storia materiale della poesia nella metà degli anni settanta in ogni sua fase: come prodotta, come pubblicizzata e come distribuita.
Certo l’oggetto per tutto ciò che contiene è indefinibile, trattasi di poesia e sospetta sbrodolatura dell’io, non meno vergognosa che per un adolescente polluzione o eiaculazione precoce (direi che questo imbarazzo intimo, questo modello maschile non all’altezza della missione soggiace un po’ a tutta la lettura di questi oggetti poetici così strani e che non riescono a evitare che l’autore ne arrossisca: sì gruppo, sì movimento, ma è pur sempre un fascicolo di poesie e questo è ingiustificabile), ma per il resto è assemblato e prodotto nell’officina e con l’avallo del gruppo e della sede, è una strana fioritura all’interno dell’ordigno di militanza in cui il militante, ed ora anche poeta, ha operato e opera. Strana categoria, in questo senso, è una pubblicazione esemplare: la prima prodotto di una conversione della produzione di manufatti a stampa di lotta per un prodotto intimo e sentimentale (vedremo che il termine utilizzato sarà “emozione”: dentro il gruppo e le riunioni politiche è sorta l’esigenza di esprimere anche emozioni). Il ciclostilato è in tutto e per tutto come un bollettino del partito o gruppo e va gestito e compreso in tal senso per quanto possa apparire strano. Il ciclostilato di Carlo Bordini ha questa presenza materica speciale e specifica che nessuna ristampa potrà più restituire.
Se andiamo, ad esempio, a inseguire la modalità poi di pubblicità e di distribuzione di tale strano prodotto vedremo le procedure di “giustificazione” all’interno della pratica politica, fino ad allora la sola ammessa. Poesia nel movimento, non a caso, sarà la titolazione o insegna di una delle riviste tra le prime emanazione di questa scaturigine poetica che imbarazza e bisogna comprendere nella pratica politica. Di Poesia nel movimento escono due quaderni: il primo porta il titolo, anche qui fin troppo emblematico, di «pubblico e privato», ciclostilato a quaderno, stampato in proprio, a cura del gruppo di lettura «pubblico e privato» e che esce nel marzo del 1976. Di Bordini accoglie la poesia Marmellata (non presente in Strana categoria).
Il numero viene presentato come il prodotto di un gruppo di lettura di poesia che ha iniziato a riunirsi da novembre 1975 e che è arrivato a contare venti presenze a settimana (pare di assistere al racconto dell’origine catacombale di un culto clandestino e di una religione o setta segrete: il tono è quello che si adotta per indicare pratiche semiclandestine, vergognose e poco onorevoli pubblicamente, se non addirittura soggette a persecuzione e martirio, come era stato per le prime comunità dei cristiani. Era da tempo che non si sentiva più sussurrare di una Roma sotterranea in tal modo e di fedeli che si riuniscono di nascosto per culti sospetti di resistenza poetica, con di sicuro, dato il contesto, parecchi casi in giro, come è facile immaginare, e tra i primi proprio quello di Bordini, di nicodemismo). Poesia nel movimento è letteralmente il momento, lo sgorgare del poetico all’interno della roccaforte del movimento politico di rivolta e di azione politica che pareva non poter comprendere al suo interno la poesia. I testi sono stati letti e discussi nelle riunioni (restano in vigore il frasario e le modalità della militanza e i clichés dell’impegno) così da rafforzare la pratica della poesia che accomuna questi neofiti.
Le riunioni hanno avuto proprio come fine l’uscita di una pubblicazione quale strumento di comunicazione e di dibattito nelle sedi di militanza politica: ci sono timori e precauzioni per questo nuovo modo di comunicare “emozioni” (la parola e le virgolette sono nel testo di presentazione). L’idea è di costituire presto piccoli gruppi di autocoscienza poetica e culturale dove ognuno possa esprimere liberamente i propri bisogni culturali: un luogo di faticosa e lenta “riappropriazione” delle emozioni pubbliche e private, è detto. Ciò che riunisce e ha raccolto i presenti è il ritorno alla poesia, dopo essere stati tutti dal 68 dei rinnegatori di versi e aver sprezzato ogni espressione poetica considerata inutile e incapace di legarsi ai problemi reali del movimento.
Il volume sarà distribuito attraverso canali alternativi nella speranza di creare altri gruppi di lettura, nuovi credenti e convertiti. Basta scrivere presso Ivana Nigris in via Marino Laziale, 47, Roma (Ivana Nigris la ritroveremo presto, insieme a Carla Troianelli, come curatrice della «sezione donne» nell’antologia Dal fondo: la poesia dei marginali di Carlo Bordini e Antonio Veneziani con postfazione di Roberto Roversi, pubblicata dalla Savelli nel 1978).
Nel secondo numero di Poesia nel movimento (titolato «l’animale», del maggio 1977), di Bordini saranno ospitate le poesie: Una persona amo sopra tutte le altre; Io sono/Mike Shane; In un prato; Il mio amore; Io so perché mi piaci; a Silvia (tranne la prima, tutte tratte da Strana categoria). Nella premessa che accoglie questo secondo numero si annuncia una crescita del gruppo, si precisa che se molte poesie del primo numero erano “direttamente” politiche, ciò era dovuto all’urgenza di un incontro tra pubblico e privato ancora mediato dall’ideologia mentre ora pare potersi dire superata tale tensione nella categoria superiore del “vissuto” (dunque dalla categoria dell’”emozione”, troppo imbarazzante ed esposta al ludibrio, si passa qui a quella del “vissuto”, che potrà divenire giustificazione di tante confessioni). Importante è che venga ribadito che si tratta comunque e sempre di una poesia interna al movimento e che nel movimento ha il suo principale interlocutore. La premessa si chiude scusandosi di non aver potuto rispondere alle tante lettere ricevute dai compagni, ma soprattutto, riguardo a questo, avvertendo che si vorrebbe evitare, per quanto possibile, “l’angolino postale della poesia” (è chiaro che più che da generiche lettere sono stati subissati da robaccia poetica, versi e sedicenti poeti) e indicare solo la pratica di una identità poetica connessa al vissuto e immediatamente politica all’interno del movimento.
Un mese dopo, all’interno della rivista mensile di controcultura «Re Nudo», nel numero 54, del giugno1977, compaiono due pagine intere, 50 e 51, intitolate «poesia e movimento» - appena variato il titolo della pubblicazione di cui abbiamo appena parlato - con una presentazione tutta dedicata al ciclostilato Strana categoria: per chi vuol procurarsi il libro, si fornisce un recapito telefonico 722792 ed uno abitativo, Via dei Serviti 23 e l’indicazione di chiedere, anche qui, di Ivana (per la precisione, e giocandoci sopra, si informa che le prime tre cifre del numero sono state cambiate in 782 e che forse Ivana è uno pseudonimo di Giuseppe a cui è dedicata la prima poesia di Carlo o forse Carlo stesso sotto mentite spoglie ), sono quindi riportati, a mo’ di assaggio, quattro componimenti (Lettera, I miei amici, E noi, Canto di speranza): un vero e proprio servizio pubblicitario a doppia pagina secondo procedure consolidate di informazione e diffusione per corrispondenza o a mano.
Nel 1978, febbraio del 1978, addirittura versi da Strana categoria compaiono nel minuscolo inserto poetico all’interno del primo numero del giornale «I Volsci», mensile dell’Autonomia Operaia romana (il nome “i Volsci” viene polemicamente adottato per la testata proprio per solidarietà e protesta per la campagna di criminalizzazione e il trattamento subito dalla sede di Autonomia in via dei Volsci nel quartiere San Lorenzo, preso d’occhio per alcune misure repressive e indicato come vero e proprio covo sovversivo, tanto da portare in pochi mesi alla chiusura della sede di via dei Volsci e alla denuncia per banda armata di 94 compagni e di cospirazione politica per altri 89, per un totale di 183, fino alla richiesta del confino per una trentina di militanti dei «Comitati Autonomi Operai»). Ebbene nel primo numero, a piè pagina, ai piedi della pagina 8, compare una rubrica di poesia, minuscola, ma c’è, e in un contesto che più politicizzato non si potrebbe immaginare, con brevissimi testi di Renzo Paris, Djami, Alberto Fortuzzi e, «Io sono /Mike Shane», di Carlo Bordini da Strana categoria. I testi, tutti, vengono presentati o giustificati con la seguente nota:
“Non è «poesia militante». I criteri di scelta sono più o meno questi: 1) poesia e letteratura legate alla realtà, non giochi linguistici d’élite; 2) non trionfalismo (inteso come retorica della lotta) e nemmeno retorica della crisi; 3) ricerca di un reale linguaggio, non di stereotipi (anche il linguaggio del movimento ha un suo linguaggio stereotipato, una sua massificazione)”.
Variata ritorna la categoria del “vissuto” che non verrà abbandonata per anni, ma soprattutto è chiara una presenza, e ineludibile presenza, a quanto pare, di poesia.
Di “ritorno alla poesia” Carlo Bordini parlerà ormai espressamente, e senza più troppe remore, in un contributo fondamentale e che pare fare il punto su tutto questo percorso e la validità di attività editoriali nuove pur se sempre all’interno del movimento. Stiamo parlando del bollettino bibliografico «Nuovo, difficile 7: una proposta bibliografica sulla produzione culturale delle ultime generazioni» a cura della federazione torinese del PCI, uscito nel giugno del 1979, con il coordinamento di Luigi Manconi e, per la bibliografia, delle librerie Feltrinelli.
Nel bollettino, la premessa alla sezione dedicata a pubblicazioni e suggerimenti bibliografici per letture di poesia è firmata da Carlo Bordini e Alfonso Berardinelli (le firme apposte seguono questo ordine e non quello alfabetico): e il pezzo è intitolato Poesia come ritorno.
Vi è detto espressamente che fatta eccezione per Il mondo salvato dai ragazzini, La beltà, e l’azione di rifiuto della grande editoria, con una ricerca di nuovi canali, compiuta da Roberto Roversi con il ciclostilato in proprio di Le descrizioni in atto, il panorama della poesia negli anni finali del sessanta è stato desolante, una terra di nessuno e la poesia sempre più semiclandestina e semilegittima. Quei tre modelli (Morante, Zanzotto e Roversi) hanno operato e indicato resistenza e agito sotterraneamente, e solo ora si sta assistendo ad una risorgenza e a una riemersione del poetico. Dalla metà degli anni settanta c’è un ritorno alla poesia, ci dicono i due prefatori, e all’esperienza vissuta (il concetto di “vissuto” è ormai identitario), grazie a gruppi clandestini, di autodifesa pur con il rischio dell’emarginazione e della disintegrazione; se il ‘68 ha rigettato la creatività, l’ha mortificata, la crisi dell’esperienza politica e i modelli francesi (Bataille e Deleuze tra tutti) hanno prodotto un ritorno massiccio alla pratica della poesia, all’analisi di sé, e a bisogni e urgenze espressive. Soprattutto nella seconda metà degli anni settanta, il vissuto e il personale tornano con un linguaggio prosaico senza trionfalismi, capace in primis di comunicare la lacerazione e le ferite, e con la novità assoluta del femminile, dell’autonomia femminile. Poesia casa per casa e prolificazione di gruppi di autocoscienza poetica. Fase eroica e coraggiosa, con in atto tutti i fantasmi della libertà e completamente scissa dall’editoria accademica e laureata e oratoria. Una poesia – è detto- che si muove su uno sfondo devastato e accidentato alle spalle e i cui migliori prodotti, a detta dei due autori, sono libri antologici e collettivi, di gruppo. Poesia insofferente a teorizzazioni e a progetti e che al momento, per un tratto, riceve un lasciapassare se collettiva (e cioè se ancora declina modalità e procedure familiari alla militanza e non incorra nell’imbarazzo di solipsismi e melanconie non condivise).
E in effetti, se svolgiamo l’elenco di suggerimenti, che segue, le antologie e le raccolte collettive la fanno da padrone: da Il pubblico della poesia e Il poeta postumo di Franco Cordelli al Dal fondo della Savelli editore, antologia di poesia dei marginali curata da Bordini stesso insieme ad Antonio Veneziani, passando, ancora con Savelli, all’antologia della poesia femminile a cura di Bianca Frabotta e a quella femminista per la cura di Nadia Fusini e Mariella Gramaglia, e ancora le antologie Poesia e realtà di Giancarlo Majorino, La parola innamorata di Giancarlo Pontiggia e Enzo Di Mauro, Pin pidìn di Antonio Porta (antologia speciale di poesia per bambini), per arrivare infine a pubblicizzare entrambi i numeri di Poesia nel movimento: «pubblico e privato» e «l’animale», come autoedizioni, e specificando ciò che già sappiamo: e cioè che i due opuscoli raccolgono poesie di un gruppo che ha continuato a riunirsi per più di due anni, a Roma, in semiclandestinità, leggendo testi e discutendo “di tutto” e con l’intento di creare “altri gruppi di lettura e di riappropriazione culturale”.
La copertina, il disegno sulla copertina del ciclostilato Strana categoria, come uno stemma o vessillo, rappresenta tutto questo e le contraddizioni che vi si agitano. È di Franco Bellardi, artista di Reggio Emilia, poi trasferitosi a Roma, ex ragioniere e militante da sempre, compagno d’armi e di idee, intellettuale di sinistra e combattivo se non combattente: l’idea, l’araldica della copertina, rigorosamente in bianco e nero, sovrappone ad un abito piccolo-borghese, da impiegato, e ad una sottostante fragilità dell’io e sua messa a nudo, un’armeria dell’anima (elmetto, mina, fucile) come chiodo fisso, solida, tenace, non disposta alla resa e ad alcun cedimento.
Il disegno originale, che ritroveremo nell’edizione definitiva riprodotto a stampa con poche modifiche (in sostanza, per far posto ai nomi e alla grafica della titolazione, la riduzione a un solo stemma del motivo del volo d’ali di colomba del libro, libro-colomba, ripetuto invece nella bozza per tre volte ai piedi della pagina) reca una dedica autografa dell’artista a Carlo Bordini che non lascia dubbi circa l’ideazione della copertina: la dedica infatti recita: «Da un momento di intesa creativa tra Carlo e Franco», e la data del 29.5.1975.
L’abito da ragioniere, la nudità dell’umano, la povertà e spoliazione dell’artista, le armi e gli emblemi di un combattimento e di una guerriglia in atto con il mondo sono anche la sintesi delle due esistenze e vite del poeta e dell’artista, amici e compagni, e alleati in questa inqualificabile impresa. Ai piedi del disegno, stemma e vessillo, un libro aperto e le pagine a indicare la propria virtù d’ali e di volo che si cristallizzano nell’apparizione di una colomba bianca. «Stampano i loro pensieri/come colombe sperdute/ di sera», sarà detto nel componimento I miei amici all’interno della raccolta.
Come si vede l’idea del gruppo, del movimento, dell’amicizia per militanza e all’interno di condivisioni politiche resta elemento forte e motivo incontrovertibile, in primo luogo per motivare e giustificare la stupefazione di una produzione poetica e la sua pertinenza con l’agire di lotta, anche se già si sta facendo strada, per forza, un concetto per il futuro, e cioè non più l’imposizione o l’alibi, per poetare, di una poesia militante, ma la convinzione che la poesia è in sé, e a prescindere, militanza. Il valore di militanza dell’attività e pratica e diffusione della poesia, senza più alcun scrupolo e pudore, sarà un punto fermo e splendido, fino all’ultimo dei suoi giorni, di Carlo Bordini, con l’assenso ad ogni invito a leggere in pubblico i propri versi e a condividerli in rete, senza diritti e senza veti, così come nel desiderio di stampare e di immaginare al più presto una pubblicazione in qualche potente e grande casa editrice, con tiratura alta, pubblicità , larghissima diffusione, nella certezza di una ancora, ma questa volta senza alcuna illusione, radicale rivoluzione e battaglia tutta da combattere.
[*]Si tratta di una delle note che accompagneranno la riproposta dell’intera prima, introvabile, raccolta di Carlo Bordini, mai più riedita, nella collana «Arianna – I libri ritrovati» per le edizioni Diacritica. La collana «Arianna» offre la possibilità di leggere libri significativi di poesia mai più ristampati, per lo meno nella loro originaria integrità, scomparsi o al momento irreperibili. Sfruttando le risorse della Rete e la modalità open access (cioè con una fruizione gratuita per tutti), ripristina momenti preziosi e rari dal paesaggio editorialmente martoriato, clandestino, minoritario della poesia italiana del secondo ‘900.