La straniera
Rosario Romero
Quando arrivai a Roma nel 1975, avevo appena 20 anni.
Bilingue francese spagnolo scrivevo poesie in tutte due e le lingue.
Guido Galeno, il mio compagno di allora, e Danilo Plateo mi proposero di andare con loro e partecipare al Laboratorio di poesia di Elio Pagliarani, alla Tartaruga. Pur non parlando italiano lui mi accolse con curiosità e lesse le mie poesie in lingua originale. Le volte seguenti ne feci la traduzione, con l’aiuto di Guido, e cominciai a scriverne anche in lingua italiana.
Eravamo giovani poeti e si era creato un ambiente stimolante e motivante. C’era un’aria creativa e ironica, si giocava con le parole, le sonorità, la ritmica. Eravamo tutti dei piccoli rivoluzionari del linguaggio poetico. Furono momenti memorabili e ce ne fu uno in particolare.
È la sera del 14 ottobre 1986.
Stanno in un locale e lei, dopo aver bevuto un bicchiere di troppo per stare più vicino a sé stessa, si consegna ai presenti.
Sul palco, la luce proiettore come il lampione la inquadra,
diventa artista illusionista
e fra il pubblico c’è Pagliarani.
Il chiarore la acceca, nell’ombra lo intuisce, immobile e concentrato,
risponde poco.
Uomo dal gusto esigente e severo, valuta con cura rapida, gli basta un accenno, non di più, per giudicare.
Lei lo sa e si ferma in tempo, se no si secca.
È solo lui che cerca fra il pubblico.
Il suo consenso farà sì che si esibisca con forza e a pieno,
un solo movimento della testa, un disappunto e le diventerà tutto buio, e pur avendo le sue ragioni, le crolleranno le convinzioni come se la moltitudine si annullasse e i tanti del pubblico si riducessero solo a uno.
Alla fine dello spettacolo è su di lui che confluiscono tutti gli sguardi.
È l’artista che tutti aspettano.
Mémoires di Rosario Romero
Novembre 2022