«L'art de disparaître en beauté»
ovvero
la svolta di Femmes nella narrativa di Ph. Sollers
di Matteo Cenedese
Abstract
This article aims to investigate the role played by Philippe Sollers' novel Femmes as a watershed between two periods of his narrative production: fromthe structuralist to the one considered more traditional. In fact, an attempt will be made to show that this change does not mean a regression of the writer to conservative positions, both in terms of content and style. On the contrary, it is possible identified several elements of continuity and evolution. In order to reach this conclusion, the fundamental themes of the novel Femmes (the women's issue, the Catholic religion and language), which also recur in subsequent narrative production, will be made to demonstrate that the way in which they are declined in the novel are functional to the search for a new literary paradigm that is capable of responding to the social and economic changes that occurred in European society between the 1970s and 1980s. But not only: such solutions may also point to new ways forward.
Riassunto
Il presente articolo si propone di indagare il ruolo giocato dal romanzo Femmes di Philippe Sollers come spartiacque tra due periodi della sua produzione narrativa: da quello strutturalista a quello considerato tradizionale. In realtà si cercherà di dimostrare che tale cambiamento non significa un regresso dello scrittore a posizioni conservatrici, sia per quanto riguarda i contenuti sia per quanto concerne lo stile. Al contrario nel cambiamento possono essere individuati diversi elementi di continuità e di evoluzione. Per giungere a tale conclusione verranno presi in esame i temi fondamentali del romanzo Femmes (la questione delle donne, la religione cattolica e il linguaggio) che ricorrono anche nella produzione narrativa successiva e si cercherà di dimostrare che il modo in cui vengono declinati sono funzionali alla ricerca di un nuovo paradigma letterario che sia capace di rispondere ai mutamenti sociali ed economici intervenuti nella società europea tra anni '70 e '80, nonché di proiettarsi anche sulla situazione attuale indicando delle possibili nuove vie per il futuro.
Keywords: Sollers; donne; linguaggio; totalitarismo; evento
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Pochi scrittori hanno saputo, come Philippe Sollers, occupare la scena culturale del proprio paese, destando o incondizionata ammirazione o risentimenti implacabili, senza mai smettere di rivendicare, contemporaneamente, il diritto a una posizione di estraneità rispetto al proprio tempo, in modo da poterne contemplare con distacco e ironia lo svolgimento e, quando è il caso, opporvisi. Egli stesso, a un certo punto della sua carriera, si è sentito in dovere di giustificare questa apparente contraddizione in alcune pagine della sua autobiografia intitolata Un vrai roman:
Le Système est implacable: soit vous devenez, sur le modèle religieux, un “grand silencieux” avec félicitations préposthumes […], soit vous prenez le risque de vous exposer [...]. Drôle de séparation: ou bien l'écrit est sacralisé (variante biblique) à condition qu'il n'y ait pas d'incarnation à l'image, ou bien l'écrit disparaît puisque votre apparition ne peut être que le signe d'une inauthenticité, d'une corruption, d'une prostitution, voire d'une simonie[1].
La questione non è di poca importanza e punta il dito su uno degli aspetti più caratteristici del sistema culturale moderno: da un lato lo scrittore deve morire da vivo per lasciar spazio solo alla propria scrittura disincarnata, posizione che potremmo definire puritana, dall'altro deve identificarsi con l'immagine che gli viene costruita intorno e trasformare la scrittura in un semplice accidente, in un mezzo come un altro per occupare la scena. Di fronte a questa situazione, in apparenza senza via d'uscita e in cui è sempre il linguaggio a farne le spese, Sollers propone una terza possibilità, che vorrei definire, prendendo spunto da un'espressione contenuta in Femmes, uno dei suoi romanzi più significativi, «l'art de disparaître en beauté»[2].
Per intendere meglio quella che, fuori da qualsiasi contesto di riferimento, potrebbe apparire un'espressione del tutto arbitraria, sarà necessario soffermarsi sul valore esemplare di questo romanzo nella produzione di Sollers e individuare i temi principali presenti al suo interno, a cui Sollers resterà fedele in tutta la sua abbondante produzione successiva e che spesso hanno dato luogo a numerosi equivoci. Si cercherà dunque, utilizzando come testo di riferimento principalmente Femmes, di collocare la produzione di Sollers, a partire dal 1983, nell'ambito delle trasformazioni storiche e sociali degli ultimi decenni del XX secolo e di delineare una possibile teoria della letteratura che sfugga sia al rischio dell'appropriazione da parte della spettacolarizzazione[3] mediatica, sia a quello di restarvi comunque invischiata costituendosi, per contrasto, come espressione di frustrazione e di risentimento anziché di libertà e di gioia di vivere. Con il presente articolo, a distanza di poco più di un anno dalla morte dell'autore, si spera di ridestare l'interesse critico verso un'esperienza letteraria che, soprattutto per quanto riguarda la sua tarda produzione, mi sembra essere stata vittima di giudizi alquanto frettolosi e sbrigativi, dettati più che altro da scarsa simpatia per
Sollers uomo pubblico o da divergenze ideologiche[4][5]. Al contrario, nonostante la ripetività delle situazioni e l'illanguidirsi dell'ispirazione che, a parere di chi scrive, non gli hanno più consentito di raggiungere, nel corso degli anni, la forza esibita da un romanzo come Femmes, la coerenza e la fedeltà di Sollers a una concezione della scrittura ancorata alla grande tradizione europea, da Omero a Dante a Shakespeare fino a Proust e a Joyce (senza dimenticare il contributo di altre arti quali la pittura e la musica) è sempre stata funzionale al superamento dei limiti5, all'esaltazione di un'individualità nietzschianamente fanciullesca, esuberante e obliqua, refrattaria a ogni sistema di valori socialmente condivisi, nonché a ogni partecipazione a imprese e progetti comuni.
All'epoca della pubblicazione di Femmes, nel 1983, il quarantaseienne Sollers era infatti uno scrittore già pienamente affermato, sia in Francia (tanto da meritarsi una monografia di Barthes intitolata Sollers scrittore: La dissidenza della scrittura) sia all'estero, in particolare in Italia, dove, a differenza di oggi, era frequentemente tradotto e pubblicato da case editrici importanti quali Einaudi, Bompiani e Feltrinelli6. Tuttavia molti lettori italiani, piuttosto che ai primi romanzi, collegheranno forse più facilmente il suo nome alla rivista Tel Quel, fondata nel 1960, a partire dalla quale si apre il periodo di maggiore sperimentazione letteraria e di impegno politico dello scrittore, il quale, nello sforzo di fondere marxismo e psicanalisi in una pratica di scrittura rivoluzionaria, grazie anche alla collaborazione di un certo numero di intellettuali, tra cui Roland Barthes, Louis Althusser, Julia Kristeva e Pierre Klossowski, darà vita a uno dei movimenti di avanguardia più significativi della seconda metà del XX secolo. La produzione narrativa di questo periodo, di conseguenza, sarà tutta tesa a dare forma alle teorie linguistiche e narratologiche che si andavano elaborando in seno al gruppo, a partire dagli scritti di Lacan, Foucault, Deleuze e Derrida, col preciso intento di creare una pratica di scrittura che desse libero corso alle pulsioni del soggetto fino ad allora prigioniere dei sistemi cosiddetti “logocentrici”, messi in atto nel corso dell'evoluzione plurisecolare della società borghese. Erano gli anni, dopotutto, delle sperimentazioni, in Francia, dell'OuLiPo, e, in Italia, della narrativa di Calvino o della poesia “rivoluzionaria” del Gruppo 63. Non stupirà dunque che la narrativa del primo Sollers porti in sé quel tanto di artificioso e di volontaristico che quasi sempre trapela da un'operazione creativa condotta sulla base di principi troppo intellettualistici, col risultato di soffocare l'istanza libertaria che la ispira.
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assez vite, réussit quand même à lire quelques pages de Femmes — surtout les passages de cul. [...] Philippe Sollers semblait être un écrivain connu; pourtant, la lecture de Femmes le montrait avec évidence, il ne réussissait à tringler que de vieilles putes appartenant aux milieux culturels» (M. HOUELLEBECQ, Les particules élémentaires, Paris, Flammarion, 1998, pp. 229-230).
- Si ricorda che una delle sue raccolte di saggi, del 1968, si intitola L'écriture et l'expérience des limites, mentre il 1985 vede la pubblicazione di Théorie des exceptions.
- Dopo l'esordio di Une curieuse solitude, del 1958, non tradotto in italiano, il secondo romanzo di Sollers, intitolato Le parc, uscito nel 1961 fu pubblicato da Bompiani nel 1967 con traduzione di Jacqueline Risset e prefazione, non a caso, di Edoardo Sanguineti. A loro volta Drame e Nombres, rispettivamente del 1965 e 1966, uscirono per Einaudi nel 1972 e nel 1973, tradotti rispettivamente da Jacqueline Risset e da uno dei fondatori del Gruppo 63, Enrico Filippini. Stesso discorso per H, del 1973, tradotto da Feltrinelli già nel 1975, per opera di Ermanno Krumm, che l'anno prima aveva pubblicato, per le edizioni Dedalo, un saggio dal significativo titolo Tel Quel. Un'avanguardia per il materialismo. Addirittura i tempi si restringono a un anno per Paradis, una delle opere più ardue di Sollers, che, uscito nel 1980, era già stato tradotto e pubblicato dall'editore Spirali nel 1981.
È nello sforzo, probabilmente non del tutto riuscito, di fondere insieme queste due dimensioni tra loro difficilmente conciliabili che Sollers si impegnerà nella redazione di una delle sue opere più ambiziose, vero coronamento della sua prima maniera: il romanzo-poema Paradis, enorme flusso verbale privo di qualsiasi segno di interpunzione, pubblicato nel 1981, a cui farà seguito, cinque anni dopo, Paradis 2. Ma è proprio tra questi due testi, nel 1983, che Sollers darà alle stampe Femmes, un romanzo che prende le distanze dai modi in cui aveva scritto fino a quel momento per inaugurare una concezione più libera e spontanea della scrittura che solo al prezzo di un'ingiusta semplificazione si potrebbe definire più conservatrice. Il testo, lungo memoriale delle avventure erotiche e culturali di un giornalista americano cattolico residente in Francia tra la fine degli anni '70 e i primi '80, segna infatti un ritorno a una forma narrativa più tradizionale[6], ricca di dialoghi, aneddoti, peripezie, riflessioni e personaggi (molti dei quali, da S./Sollers a Lutz/Lacan, a Werth/Barthes, alla moglie Deb/Kristeva reali), in uno stile che si ispira a quello del tardo Céline. Considerato che, dopo Paradis 2, i testi successivi, a partire da Le cœur absolu, proseguono questa seconda maniera, smussandone progressivamente gli spigoli a favore di una scrittura sempre più classica, da journal intime, si sarebbe tentati di interpretare il fatto come una presa di distanza rispetto ai vecchi sperimentalismi, il che è lecito nella misura in cui si sappia individuare, oltre a ciò che cambia, anche ciò che si mantiene o si rafforza: ovvero quella concezione libertaria, allo stesso tempo individualista e rivoluzionaria della scrittura sollersiana. Non è un caso infatti che, sempre nel 1983, Sollers abbia deciso, dopo aver preso le distanze dal maoismo, a seguito della diffusione di testimonianze sulla realtà concentrazionaria dei regimi comunisti, nonché dopo la scomparsa di figure intellettualmente di primo piano come Lacan e Barthes, di mettere fine all'esperienza Tel Quel e di fondare la rivista L'Infini, che segna, tra l'altro, il suo distacco dalle Editions du Seuil e l'avvicinamento a Gallimard. Motivazioni politiche e preoccupazioni stilistiche sembrano dunque intrecciarsi strettamente e determinare uno spartiacque fondamentale nella narrativa sollersiana, dalla fase sperimentale e strutturalista, a quella più libera e beffarda che mi piace definire, con un apparente ossimoro, cattolico-libertina.
Ma è proprio a partire da quell'anno, e da quella pubblicazione in particolare, che si può collocare l'inizio della fase più controversa della popolarità di Sollers in Francia e del progressivo oblio a cui sarà destinata la sua produzione in Italia[7][8]. Al di là delle meschine querelles scatenate da alcune pagine dei suoi libri[9] o dall'atteggiamento volentieri provocatorio dello scrittore, se si tiene presente quanto detto, credo sia possibile individuare una ragione più profonda in grado di render conto della progressiva perdita dell'appoggio da parte degli ambienti culturali di sinistra, spiazzati dall'apparente metamorfosi dello scrittore, più pronto di loro a intuire l'assetto che andava assumendo la nuova società europea e ad agire di conseguenza. Pertanto non sarà inutile rileggere alcune pagine di Femmes tenendo presenti sia le trasformazioni della società avvenute nel corso degli anni '70-'80 dello scorso secolo, sia la situazione presente, in modo da valutare l'effettiva capacità mostrata da Sollers nel percepire, prima di altri, alcune tendenze ancora vive della nostra epoca.
Già il titolo Femmes si presta, ieri come oggi, a moltissimi equivoci, che non hanno risparmiato a Sollers l'accusa di aver scritto un romanzo misogino, laddove «la mutation de l'élément féminin»[10] viene posta al centro dell'indagine non tanto per scagliarsi su delle pretese responsabilità delle donne, ma perché il ruolo della donna «si ritrova all’incrocio tra tensioni e feroci questioni di potere»[11]. Come viene dichiarato fin dalla prima pagina, la tesi di fondo, da cui tutto il romanzo si sviluppa quale necessaria dimostrazione, in una maniera che richiama i romanzi filosofici e libertini del XVIII secolo, è: «Le monde appartient aux femmes, c’est-à-dire à la mort»12. La frase è chiaramente provocatoria e può produrre un'istintiva reazione di rifiuto nel lettore o nella lettrice, ma in questo modo Sollers lo costringe a prendere le mosse dalla realtà più problematica della propria esistenza, ossia dal rapporto con la riproduzione e con la sessualità. Un rapporto due volte duplice in quanto, se le due dimensioni sono strettamente collegate l'una all'altra, l'uomo può viverle, anzi si sforza di viverle, come se fossero indipendenti. Allo stesso tempo però, se l'essere umano, nel suo rapporto attivo con la sessualità, è messo di fronte alla possibilità di riprodursi, è da questa stessa possibilità che trae, in quanto procreato, la propria origine. Ne deriva una situazione che non risparmia né l'uomo né la donna; ma se il primo risulta quasi sempre scialbo e anonimo, murato vivo nella propria rappresentazione di sé invariabilmente megalomane o depressiva, le donne, unici soggetti umani che interessino davvero a Sollers, mostrano al contrario una presa sulla realtà molto più lucida e pragmatica: «ce qui peut les conduire soit dans un sens mortel, soit vers une gratuité jamais vue»[12]. È quanto possiamo trovare espresso nel romanzo quando il narratore riflette su una frase pronunciata da Lacan nel corso di un pranzo: «C'est curieux comme quand une femme cesse d’être une femme... c'est curieux comme elle peut écrabouiller l’homme qu'elle a sous la main...»[13]. Come prosegue lo stesso Sollers nel seguito della pagina, la questione posta dall'affermazione di Lacan non sta tanto nel verbo écrabouiller, quanto nell'attribuire il giusto significato alle parole quand une femme cesse d’être une femme. Malgrado la complessità della riflessione[14], grazie ai chiarimenti espressi nell'intervista già citata, possiamo intuire il senso recondito del discorso. Rivolgendosi all'intervistatrice Sollers risponde:
Il est même probable que 23 heures sur 24, et je suis optimiste, vous êtes comme moi un corps sous dénégation obligé d’aller et de venir pour sa pure et simple survie. Je dirai que lorsque une femme est vraiment une femme, c’est de cela qu’est fait un événement. […] Si les femmes étaient des femmes 24 heures sur 24, il n’y aurait plus d’événements. Et plus d’événements, cela voudrait dire que nous serions dans la société totalitaire parfaite[15].
Accostiamo a queste affermazioni la seguente riflessione tratta dal romanzo:
A cause d'elles, nous sommes en vie, c’est-à-dire soumis à la mort. Et pourtant, sans elles, impossible de trouver l'issue. Elles sont ensemble s'il s'agit de la grande croisade antihommes. Mais dès qu'il y en a une... Toutes contre cellelà... Pas d'ennemies plus farouches d'une femme que les femmes... Mais celle-là même, ensuite, rentre dans le rang... Pour empêcher l’une... A son tour... Comme elles se surveillent! S'envient! S'épient! Au cas où l’une d'elles aurait la fantaisie, là, sur-le-champ, sans prévenir, de devenir femme... C'est-à-dire? L'écho de la gratuité sans limites, du point de fuite secret, sans retour...[16].
Apparirà dunque chiaro che Sollers si pone di fronte alla differenza sessuale (questa maledizione[17]), non per trascenderla o superarla in qualche determinazione astratta (esito idealistico ed egualitario), né per affermarla come necessità della natura, da cui deriverebbe anche quella sociale (esito conservatore e discriminatorio), ma per trasformarla nel bordo di una superficie, da limite a linea di frontiera, su un versante della quale starebbe l'accadimento, sull'altro la sua pura espressione, che si rispecchiano e, rispecchiandosi, si distanziano all'infinito. Dove appunto la funzione del fallo[18], come dice Deleuze in Logica del senso, «non deve affondare, ma quale un vomere che si rivolge al lieve strato fertile del terreno, traccia una linea alla superficie»[19]. Dove la donna, riappropriandosi di sé stessa, spezza la linea della causalità della generazione e si sottrae al trafic matriciel, per diventare “eterna ironia della comunità”, luogo aleatorio o non senso di superficie[20]. Al contrario, rimuovendo questa frontiera, si avrebbe come unico risultato, venendo la superficie riassorbita dalla profondità, la cessazione di ogni evenemenzialità nella vita e la realizzazione di un totalitarismo di tipo idealista-morale, fondato sulle altezze, o titanico-tellurico, espressione dell'abissalità del dominio tecnologico. E si sarebbe davvero arrivati alla fine della storia; di una storia che, nel romanzo, è riletta a partire dalla «mutation de l’élément féminin»[21], ricollegando l'operazione non solo agli esempi artistici più prossimi, da Manet a Picasso o da Flaubert a Joyce, oppure al romanzo libertino settecentesco, ma addirittura ai grandi modelli di Dante (di un Dante “comico” che si rispecchia nella Commedia che sta scrivendo, all'interno della finzione, lo scrittore S., alter ego di Sollers) e di Shakespeare, a cui vengono dedicate, nella parte finale del romanzo, pagine di vertiginosa analisi intertestuale.
Ciò che accomuna tutti questi artisti è la direzione dello sguardo, volto verso l'aspetto più profondo dei fenomeni, cioè quello sessuale[22]; ma a differenza dei suoi predecessori, il mondo in cui si muove il narratore del romanzo è sensibilmente diverso, sia da quello passato sia dalla nostra situazione presente. La fine degli anni '70 e i primi anni '80 segnano infatti il momento di massima diffusione della crisi dei valori tradizionali nella coscienza dell'uomo occidentale e la conseguente aspirazione a una libertà sessuale illimitata. Tutto ciò, però, prosegue Sollers:
a des noms très concrets, techniques, cliniques: […] d’un côté une pseudo-libération sexuelle, de représentation pornographique organiciste, avec la promotion qu’elle suppose de l’homosexualité masculine; de l’autre, un déferlement volontariste du corps féminin idéologisé et pris à la chaîne reproductrice[23].
Degli effetti di questo cambio di mentalità in cui la nuova legge è la sessualità «considérée comme une valeur (soit dramatique, soit organique)»[24], Sollers effettua per tutto il lungo romanzo un'indagine comica e demistificante, come quando, sulle orme di Bouvard e Pécuchet, il narratore e S. si divertono a stilare una lista delle cure di un istituto di bellezza e da lì passano a esaminare la quantità di prodotti sfornati dall'industria sulla base dei “nuovi bisogni”:
Là, S. me tue... Il a amené cinquante livres pour enfants... Vingt disques... Tous plus idiots les uns que les autres... La Bible pour les tout-petits... Revue par le FAM.… Sur décision du ministère... Avec apologie d'Eve!… “La première maman du monde!”… C'est débile à souhait... Tout le paquet sur la merveille Maman... Ça sort de partout... Propagande... Dessins, couleurs, refrains, voix maniérées, ampoulées, emphatiques... MAMAN!... MAMAN!... Assez! Je n'en peux plus... S. remballe son dossier. Je croyais qu'on travaillait, faitil, un peu pincé[25].
Giustamente R. Lapia, in uno dei pochi articoli in italiano che mostrino interesse per le tematiche affrontate da Sollers, parla di «ecografia letteraria dei cambiamenti e del grado di assoggettamento nel quale si ritrovano nuovamente le donne», sacrificate «in nome di un principio normativo di godimento e di redditività edonista»[26].
Una volta chiariti questi aspetti, risulterà più facile comprendere anche l'atteggiamento distaccato tenuto da Sollers nei confronti del progresso politico e di quello tecnologico. Non a caso, un'altra accusa che gli è stata mossa, subito dopo l'uscita del romanzo, è quella di aver tradito i valori della sinistra sotto cui aveva militato negli anni dello strutturalismo, per lasciarsi andare a una deriva reazionaria, sessista e fascista[27]. La rivalutazione del pensiero controrivoluzionario di de Maistre, la lunga citazione da Sesso e carattere di Weininger, alcune affermazioni prese isolatamente (come questa, riferita alla rivoluzione francese: «On est philanthrope en tuant. Tout est fait, sur fond de discours fleuris et bien-pensants...»[28]; oppure la seguente: «Comment est-il possible que le Concile de Trente ait produit des milliers de chefs d'œuvre, et le Progressisme appliqué tant de croûtes!»[29]), unitamente allo stile da Rigodon, potrebbero dare l'impressione di trovarsi di fronte a un caso di delirio paranoico-conservatore. Soprattutto la coscienza laica dell'intelligencija francese sarà stata colpita dalle lodi, sparse un po' dovunque, della Chiesa Cattolica: per la sua funzione di regolatrice della sessualità[30], per la saggezza dei suoi dogmi (in particolare quello dell'Immacolata Concezione[31] e dell'Assunzione[32]), per lo splendore della sua arte[33] e, soprattutto, per il ruolo storico svolto da Papa Giovanni Paolo II[34], di cui si rievoca il tentato omicidio e col quale il narratore avrà pure il privilegio di un incontro privato. Tuttavia l'adesione di Sollers al cattolicesimo romano, se collocata nel contesto del romanzo, cioè accanto ai dialoghi filosofici e alle uniche scene che meritino di essere descritte, ovvero quelle sessuali[35], perde subito qualsiasi carattere di militanza ideologica per trasformarsi in differenza e contraddizione, «subversion de deux codes l’un par l’autre»37, ossia affermazione della loro natura di événement, unico modo per scongiurare la tendenza, insita nella storia, a cristallizzarsi, in un modo o nell'altro, in una forma totalitaria.
Per Sollers, dunque, una società totalitaria non potrà che essere una società senza storia perché senza eventi, o meglio, perché gli individui che la compongono saranno incapaci di vivere l'evento, che, secondo la definizione di Deleuze, non è «ciò che accade (accadimento)», ma, «in ciò che accade, il puro espresso che ci fa segno e che ci aspetta»[36]. Ne consegue che un mondo senza evento sarà un mondo sempre più privo di linguaggio, perché, come scrive sempre Deleuze, la dimensione «degli effetti incorporei o degli effetti di superficie rende appunto possibile il linguaggio» e il linguaggio «è reso possibile dalla frontiera che lo separa dalle cose, dai corpi, nonché da coloro che parlano»[37].
Di fronte a questo impoverirsi del linguaggio e alla conseguente polarizzazione progressiva della società[38] il narratore di Femmes ignora le astuzie della ragione: l'unica arma che gli resta è la sua Bibbia: «J'ai l'air malin, par les temps qui courent, avec mon Homère de poche. Ou avec ma petite Bible papier bible. Ou mon édition microscopique des Sonnets de Shakespeare...»[39]. Tra i numerosissimi testi che compongono l'enciclopedica biblioteca di Sollers, la Bibbia ha sempre avuto un posto di riguardo e definisce ulteriormente la natura del suo cattolicesimo, così lontana dalle «païenneries diverses»[40] e attenta piuttosto a mantenere vivo l'originario legame con la tradizione ebraica del cristianesimo. Ciò almeno per due ragioni fondamentali: la prima deriva proprio dal rapporto della cultura ebraica col linguaggio, con la trascendenza di un Dio che si rivela nel linguaggio[41], la seconda perché il Dio della Bibbia, a differenza del logos greco, fa saltare la logica della meccanica naturale e «il ne peut le faire que par des procédés de bizarre procréateur... Il change les noms, il détourne et révolutionne les filiations...»[42]. Inoltre, di fronte all'esito totalitario della moderna religione della sessualità liberata, definita da Sollers una castrazione “ragionevole”[43], «les juifs repoussent, précisément, une castration “universelle”. C'est la leur, à leur manière exclusive qui est la bonne, ils ne peuvent pas transiger là-dessus»[44]. Da cui l'antigiudaismo nascosto che pervade la società laica e che gli detta alcune pagine estremamente profetiche soprattutto alla luce dei fatti attuali:
Guerre au Liban! Juste avant mon départ pour Jérusalem... Avancée foudroyante de l’armée israélienne... Beyrouth encerclé... Bombardements, pilonnages... Tyr, Saïda... Vieille histoire qui n’en finit pas... Comme il fallait s’y attendre, déchaînement des discours... Je préfère ne pas être au Journal en ce moment... Je fais quand même une petite visite pour prendré le pouls... Kate est hors d'elle... « Nazis! Des nazis! — Qui ça? — Les Israéliens, bien sûr! — Nazis?... — Oui! Ils sont devenus comme leurs anciens bourreaux! Les juifs sont les nouveaux SS! »… C’est parti... « Tu ne vas pas dire le contraire? Tu ne vas quand même pas les défendre?... — Si tu crois que ça m'amuse de voir tuer des gens... — Mais c'est un génocide! Ils veulent exterminer les Palestiniens jusqu'au dernier!...[45].
Qualcuno potrebbe giudicare irriverente il trattamento volutamente sarcastico a cui, nel romanzo, è sottoposta la storia contemporanea; nel caso di Sollers non si tratta certo della volontà di prendere posizione pro o contro una delle parti in causa, né di stabilire responsabilità o colpe, quanto di mostrare lo stato di confusione in cui si è piombati a causa della perdita dei riferimenti storici e temporali seguita a quella che, in un'altra intervista, Sollers ha definito «una specie di nevrosi intensiva del tempo»[46]. Il fatto che pagine di questo tipo, anche a distanza di quarant'anni, non abbiano perso nulla della loro inquietante attualità, mostrano a sufficienza la prontezza con cui Sollers ha saputo cogliere la necessità di un rinnovamento del proprio stile, nella convinzione «che si abbia vera regressione solo se si continua sulla stessa linea, quando i tempi sono mutati»[47]. Dopotutto, la necessità di riappropriarsi del linguaggio «nei suoi elementi fondamentali e radicali»[48] era il compito più urgente all'epoca di
Tel Quel, quando l'Europa viveva ancora sotto lo spettro della Seconda Guerra Mondiale ed era necessario uno svecchiamento delle ideologie che, sopravvissute al conflitto, non erano state capaci di evitare di precipitare il mondo nell'impasse della Guerra Fredda. Ma ora, dopo la crisi del blocco sovietico, esauritisi i fermenti rivoluzionari sessantottini e con l'imporsi di una «società soft, ma totalitaria»[49], caratterizzata, come dicevamo, da un indebolirsi della memoria storica e da un aumento sempre più insidioso dell'analfabetismo di ritorno, il tipo di confusione che Sollers ha visto prendere piede gli sembra una diretta conseguenza dell'incapacità di sbarazzarsi degli schemi mentali elaborati negli anni `70 e `80.
La descrizione del rinnovamento compiuto da Sollers non sarebbe però completa se, accanto alla rivalutazione della religione cattolica[50] e alla riscoperta del XVIII secolo, sia nel suo versante filosofico e libertino, sia in quello musicale e pittorico[51], non si aggiungesse anche un sensibile spostamento filosofico dallo hegelo-marxismo e dal freudismo degli anni dello strutturalismo alla filosofia di Nietzsche, sempre più presente col tempo, tanto da dar luogo, nel 2006, alla pubblicazione di un romanzo dedicato al filosofo tedesco intitolato Une vie divine. Una concezione della filosofia di Nietzsche ovviamente lontana da qualsiasi superomismo primonovecentesco e semmai rielaborazione letteraria di alcuni spunti di quel nietzschianismo francese che ha avuto i suoi maggiori esponenti in Bataille, Klossowski, Deleuze e Derrida. Di Nietzsche Sollers recupera e valorizza non certo il lato dionisiaco, selvaggio e violento, quanto quello “mercuriale” del filosofo dei pensieri leggeri come passi di colomba, di colui la cui identità è satura di tutti i nomi della storia. In questa «divergenza che afferma», in cui «ogni termine diventa un mezzo per andare fino in fondo all'altro» e «la disgiunzione cessa di essere un mezzo di separazione»[52] consiste il prospettivismo di Nietzsche e di Sollers. Lo vediamo messo in pratica in tutti i suoi romanzi, almeno da Femmes in poi, nell'eterno movimento di andate e ritorni dei protagonisti/narratori che, nuovi Ulisse della modernità, sembrano non avere un luogo fisso in cui radicarsi, ma, a differenza di come si potrebbe pensare, si sentono pienamente a proprio agio in questa erranza che non ha nulla di maledetto. Inoltre lo possiamo notare nella capacità di far convivere senza sforzo dimensioni che, tradizionalmente, ci sembrerebbero opposte: l'apologia del libertinaggio, della frivolezza e del piacere con la fiducia nella dimensione trascendente e gioiosa del divino. Il fatto poi che i protagonisti dei romanzi di Sollers, non sottraendosi affatto alla realtà che li circonda (ricordiamo che il narratore di Femmes è un giornalista) ma riuscendo a cogliere tutto ciò che di meglio essa ha da offrire senza mai farsene invischiare, suscitino l'automatica disapprovazione di quanti invece auspicherebbero da loro un atteggiamento più serio ed eticamente responsabile, non rappresenta altro che il riflesso delle incomprensioni a cui è andato incontro Sollers, in qualità di scrittore e intellettuale, all'interno di un ambiente incapace di abbandonare i vecchi schemi mentali. È in quest'ottica che Sollers, sempre in Femmes, invita gli uomini a compiere ancora uno sforzo: invece di nevrotizzarsi e di lamentarsi, di sentirsi assediati e delegittimati di fronte alla sempre più serrata competizione femminile; invece di farsi ossessionare dal pensiero di torcere il collo alle loro compagne o ex compagne, perché non:
apprendre à s'amuser tout seuls... Sublimer l'ensemble...»? On relance la métaphysique... L'art de disparaître en beauté... Stupeur: la transcendance est une idée neuve, toute fraîche... Nouveau loto... Lotoérotisme... Plus la situation est sans issue ou tragique, plus il faut s'amuser[53].
La novità della trascendenza, la sua freschezza, non è dovuta a una semplice operazione di ritorno all'origine, alla riscoperta di una pretesa purezza collocabile in un tempo più o meno remoto della storia, col rischio di dar luogo a una romantica regressione reazionaria, bensì al nuovo paradigma che, senza mutare essenzialmente nulla, trasforma in modo radicale i vecchi concetti. La metafisica, così come la mistica cristiana (o come avverrà in alcuni romanzi successivi per il pensiero cinese), senza dimenticare la sessualità, vissuta attraverso «des actes qui s’effectuent mais qui sont sans importance»[54], sarebbero dei vuoti feticci se non venissero pensati all'interno di quella rivoluzione del pensiero compiuta da Nietzsche, nell'istante in cui ha annunciato all'umanità la possibilità della Grande Salute e a partire dal quale Sollers ha proposto, in Une vie divine, di inaugurare addirittura un nuovo calendario[55]. Eppure sembra che nel mondo contemporaneo nessuno voglia veramente la Salute, per quanto si continui a parlarne senza fine, nelle forme sempre più frustre del discorso medico o psicologico-spiritualista: la Gaia Scienza richiede infatti un cambiamento che un individuo ancora prigioniero delle vecchie concezioni del mondo ha enormi difficoltà a mettere in atto, dal momento che si tratta, innanzitutto, di considerare l'atto sessuale «comme non rentable, non comptabilisé donc non comptabilisable», alleggerendolo finalmente da qualsiasi «résidu psychique»; laddove «tous ces résidus, rêves et autres ruminations psychologiques, viennent directement d’un manque-àjouir sexuel»[56]. Alla psicologizzazione o idealizzazione della sessualità che gonfia e appesantisce l'io, incatenandolo alla corporeità, all'eterna ingurgitazione-masticazione-defecazione del processo biologico, il cui orrore è stato rappresentato una volta per tutte da Goya nel dipinto di Saturno che divora i propri figli, il Gai Savoir di Sollers, propone la volatilizzazione del soggetto, che non significa affatto il suo annullamento in un meccanismo nichilistico, ma la sua trasposizione a livello del linguaggio, perché come viene detto in Une vie divine: «il [Nietzsche] savait, le Salut était l'Écriture»[57]. Inutile quindi continuare a interrogarsi sulla sessualità dei grandi artisti, argomento su cui è stato versato fin troppo inchiostro: «Je pense qu’on nous raconte beaucoup de bobards sur la sexualité de l’artiste», afferma Sollers, «il est fondamentalement, y compris Mozart, dans une non-valeur attachée à l’acte sexuel»[58]. Quando infatti si risiede stabilmente nel linguaggio (letterario, musicale o pittorico) sia come autori, ma anche, aggiungiamo, come fruitori, «on rouvre l'au-delà... On y va! L'ici-bas aux nanas... […] Mais, en échange, déluge de gratuité mystique! Sans quoi, c'est l'impasse... La bombe à court terme...»[59], oppure, più semplicemente: «quand on tient la verticale, on ne voit pas comment l'horizontale pourrait vous réfuter…»[60].
Ne deriva, come ultima trasformazione, uno spostamento non meno importante del ruolo della letteratura, la quale, se nel suo rapporto con la verità era stata prima squalificata da Platone in quanto imitazione di imitazione e, in seguito, riabilitata, sebbene a un livello inferiore rispetto al discorso analitico della filosofia, da Aristotele, ritrova ora lo spazio che le è proprio, quel rapatriement che tutta la letteratura moderna ha cercato di compiere a partire dal romanticismo tedesco e in seguito attraverso Baudelaire, Mallarmé e Lautréamont, con i quali Sollers, fin dai tempi di Tel Quel, si era posto in esplicita continuità. Anzi, si potrebbe azzardare, con un paradosso, che il linguaggio letterario in virtù della sua dimensione imitativa, cioè di impostura, sia lo strumento più adatto a rivelare la verità dell'essere, se diviene capace «de saisir dans son plus grand sérieux l’instant présent du monde, de le porter à la parole sans tenir compte de l’esprit de parti, des courants de la mode et des débats d'école», come scrisse Heidegger in una lettera a Sartre del 1945, citata, non a caso, da Sollers nell'introduzione alla sua raccolta di saggi intitolata La guerre du goût[61]. Ma a differenza dell'autore di Essere e Tempo, ancora condizionato dall'atmosfera orfica e tragica che aveva condotto la cultura tedesca al disastro della seconda guerra mondiale, Sollers ha saputo delineare il progetto di una teologia letteraria che, nemica di ogni dibattito di scuola, nonché di ogni esprit de sérieux, afferma la duplicità intrinseca all'evento, non per risolverla in qualche identità dei contrari, ma per far balenare, nel fondo, quello scoppio di risa in cui, per utilizzare le parole di Blanchot, «gli dèi muoiono, confermando così la ridicola pretesa del Dio Uno (che non ride) [e] frattanto, morendo dal ridere, essi fanno ridere la divinità stessa»[62].
[1] PH. SOLLERS, Un vrai roman: Mémoires, Paris, Plon, 2007, pp. 146-147.
[2] PH. SOLLERS, Femmes, Paris, Folio Gallimard, 1985, p. 225.
[3] Con il termine spettacolarizzazione mi riferisco alle analisi condotte da G. Debord ne La société du spectacle, pubblicato nel 1967. Il rapporto fra Sollers e Debord, per la sua complessità, meriterebbe una trattazione a parte, dal momento che il fondatore della Internazionale situazionista, oltre a essere un riferimento ideologico imprescindibile, spesso citato e commentato, viene anche ritratto in uno dei personaggi del romanzo Passion fixe. Bisogna aggiungere però (ed è l'aspetto più singolare), che la stima tra i due uomini non è stata affatto reciproca. Guy Debord infatti, in uno dei suoi libri, pur riconoscendo di aver ricevuto alcuni giudizi positivi da parte della stampa, conclude lapidariamente: «Mais ce n'est qu'insignifiant, puisque signé Philippe Sollers» (G. DEBORD, “Cette mauvaise réputation...”, Paris, Folio Gallimard, 1993, p. 93). Di questo mancato riconoscimento da parte del rivoluzionario francese «aristocrate égaré dans la plèbe» (PH. SOLLERS, Une vrai roman: Mémoires, cit., p. 108), Sollers avrà modo di formulare diverse spiegazioni, rimarcando in ogni caso l'incapacità da parte di Debord, chiuso nel suo radicalismo giacobino, di comprendere l'atteggiamento individualista e ironico di fronte allo spettacolo esibito dallo scrittore francese.
[4] Si pensi al giudizio espresso da Houellebecq ne Le particules élémentaires, romanzo del
[5] : «Dans le train il [Bruno] tenta de se plonger dans Une curieuse solitude, renonça
[6] Secondo le parole dello stesso Sollers, Femmes «est un roman plein de portraits et de personnages, mais c'est un rassemblement de mémoire […] à propos de la guerre des sexes, de ses impasses, de ses crises, mais en même temps de ses échappées et de ses clairières» (PH. SOLLERS, Un vrai roman: Mémoires, cit., p. 134).
[7] Dopo Le cœur absolu, del 1987, uscito per Bompiani nel 1988, e Femmes, tradotto solo nel
[8] per volontà dell'editore napoletano Pironti, nessun altro romanzo, fino agli estremi Graal, apparso quando l'autore era ancora in vita, e il postumo La Deuxième Vie, è stato preso in considerazione da un editore italiano (e si tratta, nel complesso, di più di una ventina di pubblicazioni).
[9] Mi riferisco all'opposizione, riguardo alla pubblicazione della traduzione italiana di Femmes, da parte di Moravia, riconosciutosi in uno dei personaggi ritratti, l'anziano Alfredo Malmora, «Le romancier célèbre... Le grand Italien».
[10] Da un'intervista a Sollers apparsa su Art-presse, n° 66 del gennaio 1983 , online. URL: <https://www.pileface.com/article639.html#section2>.
[11] P. MARLIÈRE, Variations sur le libertinage: Ovide et Sollers, Paris, Gallimard, 2014, p. 46. 12PH. SOLLERS, Femmes, cit., p. 11.
[12] Art-presse, cit.
[13] PH. SOLLERS, Femmes, cit. p. 298.
[14] È lo stesso Sollers ad ammetterlo poche righe oltre: «c'est décidément difficile à expliquer...» (Ivi, p. 299).
[15] Art-presse, cit.
[16] PH. SOLLERS, Femmes, cit. p. 299.
[17] «La malédiction... Qu'on allait la lever ensemble... Je me revois disant ça à Deb au bord de la Tamise, un après-midi...» (Ivi, p. 217).
[18] Esiste infatti anche la Funzione-fallo: «le scintillement phallique lui-même, transversal, évanouissant» (Ivi, p. 299).
[19] G. DELEUZE, Logica del senso, trad. M. DE STEFANIS, Milano, Feltrinelli, 1984, p. 178.
[20] «Il non senso e il senso la smettono con il loro rapporto di opposizione dinamica, per entrare alla compresenza di una genesi statica, come non senso della superficie e senso che slitta su di essa» (Ivi, p. 127).
[21] Art-presse, cit.
[22] Si tratta dello stesso “sguardo” che ha permesso a Baudelaire (altro grande interlocutore di Sollers) di affermare: «La Révolution a été faite par des voluptueux».
[23] Art-presse, cit.
[24] Ibidem
[25] PH. SOLLERS, Femmes, cit., p. 389.
[26] R. LAPIA, Philippe Sollers, Femmes, in «Doppiozero», 21 aprile 2018, online. URL: <https://www.doppiozero.com/philippe-sollers-femmes>.
[27] Fu questa, per esempio, la reazione, su Le Matin del 4 febbraio 1983, di Laurent Dispot, che vedeva nel romanzo di Sollers «l’Eglise et la Science réunies comme aux plus beaux jours de la haine sexuelle...».
[28] PH. SOLLERS, Femmes, cit., p. 261.
[29] Ivi, pp. 395-396.
[30] «Il faudrait que l'Eglise catholique, apostolique, romaine, issue de l'Evangile et de Pierre, approuve le tripotage génital de l'humanité... Alors qu'elle a pour principe d'en marquer les limites... Comme si l'essentiel était là!... Comme si la sexualité n'était pas une infirmité!...» (Ivi, p. 371).
[31] Citazione da una lettera di Flaubert: «Une des causes de la faiblesse morale du XIXe siècle vient de la poétisation exagérée de la femme. Aussi le dogme de l’Immaculée Conception me semble un coup de génie politique de la part de l'Eglise. Elle a formulé et annulé à son profit toutes les aspirations féminines du temps» (Ivi, p. 458).
[32] «L'Assomption est une folie sublime... La seule audace insensée sur la jouissance féminine inventée...» (Ivi, p. 211).
[33] «Greco, c'est l’extase, c'est la douleur, c’est le ruissellement de la joie et de la douleur, c’est la convulsion et l'élongation de la foi plus forte que la douleur, c’est la lumière des larmes, c'est la vision à travers les larmes et l'orage de la voix de dieu, c’est la souffrance d’avoir un corps de mort et le bonheur inoutï d’être le seul à avoir ce corps emporté dans la quatrième dimension des flammes» (Ivi, p. 396).
[34] Durante un incontro con Burgess: «On va vers la réunification des Eglises chrétiennes… Protestantisation des catholiques? Au contraire! Partout l'Eglise romaine avance à grands pas... Fin de la Réforme... Il fait la grimace. Il est furieux. Je n'aime pas ce Pape, me dit-il. Trop politique!» (Ivi, p. 370).
[35] Con l'eccezione della scena dell'attentato «qui leur fait contrepoids dans la mesure où l’acte sexuel est aussi un acte de mort» (Art-presse, cit.). 37Ibidem
[36] G. DELEUZE, Logica del senso, cit., p. 134.
[37] Ivi, p. 148.
[38] «D'un côté, violence ouverte, relais terroriste. De l’autre, pacifisme, neutralisme, écologisme, gynécologisme, tranquillité, petits oiseaux» (PH. SOLLERS, Femmes, cit., p. 264).
[39] Ivi, p. 87.
[40] Ivi, p. 265.
[41] «Au commencement, le Verbe... Et à la fin, la victoire duVerbe du Commencement... Contre toutes les intrigues et les “fins” imaginées en cours de route» (Ivi, p. 360).
[42] Ivi, p. 143.
[43] «Le totalitarisme n'est rien d'autre que la croyance à une castration réglable. Raisonnable. Supportable. Dédramatisée» (Ivi, p. 264).
[44] Ivi, p. 265.
[45] Ivi, p. 476.
[46] M. DOTTI, «Philippe Sollers: un enciclopedista dei nostri tempi», in philippe.sollers.net, online. URL: <philippe.sollers.net/enciclopedista.html>.
[47] Ibidem
[48] Ibidem
[49] Ibidem
[50] «Si j'adhère au dogme catholique (ce que je fais volontiers, car il est fou, il est inépuisable dans sa rayonnante absurdité maintenue contre vents et marées...» (Ph. Sollers, Femmes, cit., p. 196).
[51] Non si dimentichino le monografie pubblicate da Sollers su Fragonard (Les surprises de Fragonard), Watteau (Watteau et les femmes) e Mozart (Mistérieux Mozart) rispettivamente nel 1987, 1992 e 2001.
[52] G. DELEUZE, Logica del senso, cit., p. 155.
[53] PH. SOLLERS, Femmes, cit., p. 225.
[54] Art-presse, cit.
[55] «C’est le 30 septembre 1888 que M.N., qui signe L’Antéchrist, promulgue sa Loi contre le christianisme. [...] Nous sommes donc, en ce moment même, en 116 après le premier jour du Salut» (PH. SOLLERS, Une vie divine, Paris, Gallimard, 2006, p. 169).
[56] Art-presse, cit.
[57] PH. SOLLERS, Une vie divine, cit., p. 229.
[58] Art-presse, cit.
[59] PH. SOLLERS, Femmes, cit., p. 225.
[60] Ivi, p. 625.
[61] PH. SOLLERS, La guerre du goût, Paris, Gallimard, 1994, p. 17.
[62] M. BLANCHOT, «Il riso degli dèi», in P. KLOSSOWSKI, Le leggi dell'ospitalità, trad. G.
MARMORI, Milano, ES, 2002, p. 346.