Il Centro Studi Interuniversitario Edoardo Sanguineti
di Marco Menato
Il Centro, costituito nel 2016 all’interno del Dipartimento di studi umanistici dell’Università di Torino con un comitato scientifico diretto da Clara Allasia dell’Università di Torino, ha un ottimo sito internet, che ho ampiamente e con piacere utilizzato per questa recensione.
Edoardo Sanguineti (Genova 1930 – 2010) è stato poeta, critico letterario, redattore editoriale, attore, politico e professore universitario di letteratura italiana. Ha svolto molte attività in vari campi, dalla poesia, che forse è il settore nel quale almeno secondo me ha eccelso, fino alla politica militante. La sua eredità è quindi molto vasta e percorre vari sentieri. Il Centro si è prefissato di ricomporre in un’unica area la multiforme attività sanguinetiana ed in questo senso il sito internet si è rivelato un potente ed efficace strumento di conoscenza.
Il Centro conserva tutto quello che potremmo definire l’archivio di Sanguineti, comprendendo entro tale definizione anche le registrazioni audio e video di interventi e di interviste (Teche Rai ma non solo). La sua biblioteca, di oltre 13 mila volumi, è infatti stata donata al Comune di Genova che l’ha affidata, nel 2012, in comodato d’uso alla Biblioteca Universitaria di Genova (dipendente non dall’università ma dal Ministero della Cultura). Catalogata nel Servizio bibliotecario nazionale, è collocata in una sezione contraddistinta dal logo “Magazzino Sanguineti”, mantenendo la disposizione che aveva nell’appartamento abitato da Sanguineti a Genova (la pagina dedicata al Magazzino Sanguineti sul sito della Biblioteca universitaria di Genova è ben costruita e parimenti ricca di notizie, tra le quali un’ottima biografia). “Magazzino Sanguineti” è pure l’indirizzo di un altro sito internet, che però non è chiaro a quale istituzione faccia riferimento.
Incominciamo dalle carte, specificando che ciascun gruppo di materiali è oggetto di autonomi e finanziati progetti di ricerca, che vanno ovviamente oltre la regolare inventariazione:
1. oltre 500 lettere a Federico, il figlio primogenito, sarebbe interessante capire il perché di questo profluvio epistolare (Federico Sanguineti è ora professore ordinario di Filologia italiana all’Università di Salerno),
2. dattiloscritti originali di opere poetiche e prosastiche insieme a materiali editoriali collegati,
3. 70 mila schede lessicografiche con annessi 5 mila ritagli di giornale redatte per il suo lavoro nella redazione dei dizionari linguistici Utet: un aspetto molto intrigante dell’attività scientifica di Sanguineti, Memorie di un lessicomane è il titolo di un articolo di Sanguineti sul quotidiano ‘L’Unità’,
4. fotografie familiari e di eventi, documentazione del suo curriculum studiorum all’Università di Torino – facoltà di Lettere, compresa la tesi di laurea discussa con Giovanni Getto nel 1956, Interpretazione di Malebolge, che sarà pubblicata da Olschki nel 1961, primo numero della collana ‘Biblioteca di Lettere italiane’,
5. documentazione del suo curriculum come docente nella medesima università fino al 1968, quando opterà per Salerno e in seguito Genova, dove concluderà anzitempo, nel 2000, la carriera,
6. bibliografia: scritti di e su Sanguineti apparsi su riviste e giornali, spesso di ardua reperibilità.
Difficile in questa sede, se non rimandando alla lettura delle numerose pagine del sito e di quelle linkate, dare conto delle innumerevoli piste di ricerca che si aprono perlustrando la Sanguineti’s Wunderkammer, come è stato felicemente ribattezzato il fondo archivistico. Qualche riflessione di metodo è però d’obbligo.
Si era abituati a lunghi tempi di gestazione, prima che qualcosa si realizzasse veramente e a volte tutto restava a livello di annuncio. In questo caso, invece, a pochi anni dalla scomparsa di Sanguineti, gli studiosi hanno a disposizione moltissimi materiali di svariato genere, ordinati e consultabili. Non c’è che da rallegrarsi con i familiari, le istituzioni e con i dipendenti per il lavoro eseguito in tempi giusti.
La separazione fra documentazione archivistica e bibliografica (anche fisica: Torino e Genova), se in linea teorica può porre qualche problema, in realtà con la tecnologia informatica è facilmente risolvibile e si presenta quasi come un non-problema. Qui le digital humanities, che con questa definizione cominciano a farsi strada anche in Italia, sono fondamentali e costituiscono la cornice entro la quale inserire le tradizionali discipline della conservazione: archivistica, biblioteconomia e museologia. La fondazione del Centro all’interno della struttura universitaria ha facilitato di conseguenza le attività di ricerca, che altrimenti nell’ambito ministeriale sono di difficile se non impossibile realizzazione. Questo esempio può far comprendere alla politica e specialmente al Ministero della Cultura (che sta attraversando un periodo difficile, fra scandali, continue riorganizzazioni e carenza di personale specializzato) che cosa effettivamente serva alla cultura, tanto da mettere in dubbio perfino l’utilità di mantenere in funzione un simile Ministero che in confronto ai ministeri tradizionali ha tre grosse pecche: bilancio risibile, presenza sul territorio molto estesa ed eccesso di personale non professionalizato (capita a proposito l’articolo di Stefano Cingolani, Il ministero della Cultura, un brutto anatroccolo di governo. Pochi soldi e molte ambizioni, “Il Foglio”, 10 settembre 2024).
Sanguineti è stato tra i fondatori del Gruppo ’63, come Pagliarani, anche se ad un certo punto ciascuno ha scelto la propria via: c’è quindi l’interesse a ricercare nei due archivi (che pure hanno ricevuto trattamenti diversi) tracce di quella magica e straordinaria esperienza. Da qui la motivazione di questa nota, che comunque rientra nel più ampio discorso sulle biblioteche d’autore in un’epoca, come l’attuale, che è destinata a perdersi fra miliardi di bit e non fra vecchie pagine di giornale.